lunedì 27 luglio 2009

Più soldati, meno cooperazione

Calano i fondi per i programmi di aiuto allo sviluppo. Un trend globale denunciato dalle Nazioni unite in un rapporto pubblicato martedì, che in Italia trova conferma nell’approfondita analisi realizzata da Intersos e dalle altre organizzazioni che compongono Link 2007, la rete di Ong italiane attive nelle aree di crisi. Un calo che nel nostro paese ha conseguenze non solo quantitative, ma anche qualitative.
Si assiste infatti a una crescente «militarizzazione» delle attività di cooperazione. Questo mentre si aspetta il via libera del Senato alla proposta di 4 mesi della partecipazione italiana alle missioni internazionali, già approvata giovedì dalle Commissioni riunite Difesa ed Esteri della Camera. Nel quadriennio 2006-2009 lo Stato ha speso 4346 milioni di euro per finanziare il personale militare impegnato nelle missioni all’estero.
Alle attività di cooperazione allo sviluppo sono andati invece 2406 milioni. Ma è la differenza tra i fondi stanziati nel 2008 e quelli previsti per il 2009 a evidenziare la scelta del nostro paese. Per il 2009 alla cooperazione andranno 411 milioni di euro, la metà rispetto agli 826 milioni stanziati nel 2008. Le spese per le missioni militari vedono invece aumentare i finanziamenti che passano dai 1030 milioni del 2008 ai 1400 milioni di quest’anno.
L’Italia si attesterebbe al quindicesimo posto tra i paesi dell’Unione europea per gli aiuti allo sviluppo, ma terza per le truppe schierate nelle missioni all’estero, preceduta solo da Regno unito e Francia.
Un fenomeno che non riguarda solo l’Italia. L’Onu ha incassato meno della metà dei 9,5 miliardi di dollari che sarebbero serviti per finanziare progetti di aiuto nelle aree di crisi. All’appello mancano ancora 4,8 miliardi di dollari. Difficoltà economiche alle quali si aggiunge un aumento delle persone bisognose di aiuto, passate dai 28 milioni dell’anno scorso ai 44 milioni del 2009. Uno stato d’emergenza dovuto alla crisi economica che ha aggravato situazioni già precarie: dalla Repubblica Democratica del Congo, al Sudan; dal Pakistan all’Afghanistan, paese quest’ultimo sul quale l’attenzione è sempre alta.
L’Onu denuncia la mancanza del 32% dei fondi destinati ai progetti del Humanitarian Action Plan (HAP) in Afghanistan. La stima di 604 milioni prevista a febbraio per finanziare l’HAP è salita a 666 milioni, ma ad oggi sono stati donati 452 milioni e di questi solo 4,1 sono andati alle organizzazioni non governative. «Le Ong sono attori critici in Afghanistan» spiega Laurent Sailard, direttore della rete di Ong ACBAR, preoccupato per le ripercussioni che la mancanza di fondi potrà avere sui progetti in corso.
Preoccupazioni condivise in Italia da Link 2007. Le proiezioni per i fondi 2009 destinati alla missione in Afghanistan prevedono infatti 65,3 milioni di euro per la cooperazione allo sviluppo contro i 455 milioni che l’Italia impiegherà per finanziare la missione militare.
Ad essere sotto accusa non è la missione in quanto tale, per altro legittimata dall’Onu, ma «le crescenti ambiguità e confusioni tra l’azione civile e quella militare e i tentativi di quest’ultima di sostituirsi subdolamente e strumentalmente alla prima». Una confusione tale che ad Herat, sede del commando italiano in Afghanistan, “cooperazione italiana” è sinonimo delle attività dei militari nei team di ricostruzione della Nato, mentre vengono dimenticate le realtà civili che puntano ai bisogni della popolazione e ai processi di ricostruzione anche sociale del paese.

fonte:Andrea Pira, Il Manifesto

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