lunedì 18 marzo 2013


Mercoledì 20 marzo, ore 17.30
Ecomuseo Urbano della Circoscrizione 6, Torino
 via San Gaetano da Thiene, 6 


COSTRUIRE L’INTEGRAZIONE DAL BASSO

17.30-17.45: Irene Ponzo (FIERI)
Costruire l’integrazione dal basso: cosa ci ha insegnato la ricerca Concordia Discors?

17.45-18.15:
Proiezione del documentario “Frontiera interna” di Rossella Schillaci, realizzato nell’ambito del progetto Concordia Discors,

18.15-18.40:
Irene Ponzo, Pietro Cingolani e Marta Pinto
Presentazione del sito web europeo e dei principali risultati della ricerca

18.40-19.30:
Discussione sui temi della ricerca e del documentario; interverranno tra gli altri:
  • Nadia Conticelli, Presidente 6° Circoscrizione (da confermare)
  • Cecilia Guiglia, Luoghi Possibili
  • Malick Niang, sarto, Bagni Pubblici di Via Agliè



Saranno invitati tutti gli intervistati e i rappresentanti delle associazioni di commercianti, culturali e giovanili coinvolte nella ricerca. All’ingresso della sala sarà presente un banchetto gestito da una libreria con copie di Concordia Discors (Carocci editore 2012) e altri libri sugli stessi argomenti, sull’integrazione a Torino e a Barriera in particolare.

venerdì 15 marzo 2013

Gestión de residuos sólidos




La gestión de 30 mil kilogramos de residuos sólidos en los Distritos Seis y Siete de Managua es una de las acciones del proyecto medioambiental que implementarán Compañía Cervecera de Nicaragua y la Asociación de Técnicos para la Solidaridad y la Cooperación Internacional (RE.TE.) en este año. El proyecto, con una inversión superior a los 50 mil dólares, forma parte de un esfuerzo que en conjunto con otras organizaciones CCN está realizando en pro del medioambiente, la educación, la salud y el turismo.

fonte: http://www.laprensa.com.ni/2013/03/14/empresariales/138047-gestion-residuos-solidos

lunedì 18 febbraio 2013

Mali. Cronistoria di un anno a Bamako.




Venerdì primo febbraio, all’Ecomuseo di Regio Parco RE.TE., si è svolto un incontro per raccontare e spiegare gli eventi dell’ultimo anno  in Mali. La serata, moderata dalla Presidente di RE.TE, Cinzia Messineo, ha visto l’intervento di Alberto Fascetto, cooperante in Mali da gennaio 2012 a gennaio 2013, che ha illustrato la storia maliana dell’ultimo anno, tra ribelli e colpi di stato, e Alberto Simoni, giornalista de La Stampa, che ha fatto un’analisi politica dei vari equilibri internazionali in gioco.

Di seguito si riporta un riassunto dell’intervento di Alberto Fascetto.
La sconfinata area del Sahel maliano è il teatro degli scontri che sono iniziati l’anno scorso. Il MNLA (Movimento Nazionale per la liberazione dell’Azawad - il territorio a Nord del Paese che comprende le regioni di Gao, Timbuctu e Kidal, formato inizialmente da Tuareg e successivamente anche da gruppi fondamentalisti islamici) chiede l’indipendenza del nord del Mali, innescando i primi conflitti interni. Le ripercussioni politiche dell’instabilità di quest’area sono immediate:  poche settimane dopo (marzo 2012) Amadou Haya Sanogo, comandante dell’esercito maliano, con un colpo di stato destituisce il Presidente Amadou Toumani Touré e sospende la costituzione, causando il caos tra la popolazione. Nel mese successivo (aprile 2012) la CEDEAO (Comunità economica degli Stati dell'Africa occidentale) impone un embargo economico, finanziario e diplomatico che provocherà effetti catastrofici sull’economia interna: nel giro di pochi giorni scarseggiano beni di prima necessità, carburante e medicinali. Pochi mesi dopo la CEDEAO sospende l’embargo che sta stremando la popolazione maliana.
Ad aprile il MNLA dichiara l’indipendenza dell’AZAWAD, ma ben presto si scinde in due fazioni antagoniste: da un lato i Tuareg, la componente più moderata che chiede l’indipendenza del Nord del Mali , e dall’altro lato i musulmani fondamentalisti Ansar Dine (Difensori della Fede), che si battono per l’applicazione della fede islamica e l’introduzione della sharia. Questi ultimi marciano verso Timbuctu, occupando la città. A giugno le forze ribelli di Ansar Dine si alleano con AQMI (Al-Qaeda nel Maghreb Islamico) e MUJAO (Movimento per l’unicità e il Jihad in Africa Occidentale) e si verificano i primi scontri con il MNLA per il controllo dell’Azawad.Sotto il controllo del capitano Sanogo, nel mese di aprile, vengono nominati il Presidente ad interim Dioucounda Traoré e il Primo Ministro ad interim Cheick Modibo Diarra. Si instaura così il “tricefalismo” della formazione Sanogo-Diarra-Traoré.  I mesi che seguono sono dominati dall’instabilità di governo e dal malcontento della popolazione che sfocia in manifestazioni nella capitale che hanno come obiettivo quello di chiedere che il Mali torni ad essere un Paese “unico e unito”. Tuttavia, non viene garantita la stabilità del Paese: a maggio il Mali vive un tentativo fallimentare di contro-colpo di stato: i “berretti rossi”, l’aviazione maliana, tentano senza successo di rovesciare la struttura governativa orchestrata dai “berretti verdi”, l’esercito di terra del capitano Sanogo.
La situazione umanitaria nel frattempo precipita: il Mali deve affrontare la quinta crisi alimentare in dieci anni. Secondo le stime dell’OCHA, 13 milioni di persone in tutto il Sahel vengono dichiarate in stato di emergenza, di cui 6 milioni in Mali, dove la situazione nell’area settentrionale viene particolarmente acuita dall’impossibilità di ricezione di aiuti internazionali.
In autunno la comunità internazionale inizia ad occuparsi della questione del Mali. Ad ottobre, in occasione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, la delicata questione maliana arriva al Palazzo di Vetro. Il governo maliano si dichiara favorevole ad un eventuale intervento militare sul suo territorio – ipotesi avvallata e prevista anche dalla Risoluzione 2071 (2012) –e la Francia appoggia fin da subito questa ipotesi. Ban Ki-moon inoltre nomina Romano Prodi, unico candidato bianco tra i tre in lizza, “Inviato speciale per il Sahel”. Sul continente africano intanto la CEDEAO mette a punto un possibile “piano strategico” per riunificare il Paese mentre l’Unione europea si dice pronta a sostenere l’esercito maliano nella riconquista del Nord. Anche la diplomazia internazionale inizia il suo operato: l’inviato speciale per il Sahel,  Romano Prodi, e il rappresentante per la politica estera e la sicurezza UE, Catherine Ashton, si recano in visita ad Algeri. L’Algeria, stato confinante del Mali, infatti, ha un enorme peso strategico in una eventuale lotta ai ribelli: è il Paese in cui si sono formati AQMI e Ansar Dine; ha un esercito molto forte e, infine, il Sahel, dove si incastrano i confini netti tracciati a tavolino, è un vasto territorio tutt’altro che definito e difficilmente controllabile che si estende su una porzione gigantesca nel Nord Africa includendo anche buona parte dell’Algeria. Nel frattempo la fazione moderata dell’MNLA abbandona le rivendicazioni indipendentiste richiedendo tuttavia il diritto all’autodeterminazione del territorio settentrionale. 
Nel dicembre 2012 si apre a Ouagadougou la prima finestra di dialogo tra il MNLA e Ansar Dine, Blaise Compaoré, il Presidente del Burkina Faso, e il Governo del Mali. I gruppi secessionisti, tuttavia, non ritrattano le loro rivendicazioni.  Intanto il fragile tricefalismo che governa il Mali si sgretola: il capo del governo, Diarra, viene arrestato dal capitano Sanogo e forzato a dare le dimissioni con un comunicato video trasmesso la notte stessa dall’emittente televisiva maliana ORTM. Viene nominato un nuovo premier: Django Cissoko. Il governo, alle cui redini rimane Sanogo, si apre alle forze del Nord. Traoré nel frattempo chiede l’aiuto della Comunità Internazionale – l’appello è rivolto in particolare alla ex forza coloniale, la Francia. La Risoluzione 2085 (2012) quindi autorizza il dispiegamento di una“African-led International Support Mission in Mali” (AFISMA).
L’anno nuovo si apre con manifestazioni popolari nella capitale a favore di un rapido intervento nel Nord del Paese. Viene dichiarato lo stato di emergenza e tra l’otto e il nove gennaio, in anticipo sui tempi inizialmente concordati (settembre 2013) e iniziano gli scontri tra l’esercito maliano e i gruppi jihadisti Ansar Dine, Mujao, Aqmi e Boko Haram (guppo islamista nigeriano) a Konna, nella regione di Mopti. Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite chiede alla comunità internazionale “un intervento rapido per arrestare il grave deterioramento della situazione sul terreno”. In seguito alla dichiarazione di Hollande, l’11 gennaio arrivano a Sevaré/Mopti due cargo militari mentre i militari francesi arrivano a Bamako. Iniziano così i primi raid aerei francese i quali, tuttavia, si rivelano assai inefficaci e strategicamente errati. A Diabaly, una piccola cittadina vicina al confine mauritano e in territorio controllato dal Governo maliano, ha luogo un attacco inaspettato delle forze jihadiste. Questo forte segnale del potere di infiltrazione dei jihadisti anche in zone considerate “al sud” della linea di separazione con l’AZAWAD fa cambiare strategia operativa al contingente francese che inizia l’attacco via terra.
L’Unione Europea, il Regno Unito, gli Stati Uniti, il Belgio, la Germania, il Canada, l’Italia e la Russia annunciano la loro disponibilità ad assistere le operazioni militari, alcuni direttamente, altri fornendo aiuto logistico o medico. Sul continente africano, invece, Niger, Nigeria, Burkina Faso, Senegal, Togo, Benin e Ciad si accordano sull’invio di soldati. La Mauritania e l’Algeria, due importanti stati limitrofi a maggioranza islamica invece non hanno preso posizione. Il Consiglio di Sicurezza vota a favore dell’intervento in Mali della Francia e grazie a questa risoluzione potranno intervenire circa 2 500 soldati francesi nell’ambito di una missione che resta sotto responsabilità africana. Il contingente dei Paesi CEDEAO, tuttavia, ha fortemente risentito della tempestività dell’intervento che non ha permesso di organizzare in maniera ottimale gli effettivi. L’operazione “Serval” ora è guidata dalla Francia che fornisce supporto aereo e terrestre. La guerra è una guerra assolutamente non mediatica: nessun giornalista ha la possibilità di seguire le truppe durante l’intervento armato.
Alberto Fascetto ricorda che una delle più gravi conseguenze del conflitto maliano è il grande numero di persone costrette a lasciare le proprie case e trovare rifugio altrove. Secondo l’OCHA, dall’inizio delle ostilità fino al gennaio 2013 vi sono stati 228 920 profughi di cui 144 400 rifugiati in Mauritania, Niger, Burkina Faso e Algeria e 84 520 IDP che accolti nelle regioni di Mopti, Segou, Bamako e Kayes.
La presentazione di Fascetto ha, altresì, ipotizzato tre scenari futuri sullo sviluppo del conflitto maliano, un conflitto così locale e al contempo così internazionali con implicazioni ben oltre i confini nazionali. La situazione potrebbe deteriorarsi e sfociare in un nuovo Afghanistan, il “Sahelistan”, uno Stato fallito in cui potrebbero proliferare senza controllo gruppi terroristici che destabilizzerebbero l’intera area; il Mali potrebbe diventare il nuovo Pakistan se i ribelli venissero ricacciati verso Nord ma non completamente neutralizzati e quindi potrebbero riorganizzarsi e dare vita a un conflitto a bassa intensità con sporadici episodi di terrorismo e violenza verso i simboli del potere o sequestrando turisti, cooperatori o giornalisti occidentali; l’intervento congiunto dei contingenti maliani, francesi e della CEDEAO potrebbero altresì indebolire e debellare i gruppi terroristici e quindi essere seguito da un periodo di ricostruzione nazionale a cui associare politiche di reale decentramento amministrativo simile a quanto.
Alberto Simoni ha fornito un’analisi storico-politica dell’intervento anticipato delle truppe francesi in Mali. Da un lato esso è stato anticipato per ragioni umanitarie vale a dire l’aggravarsi delle condizioni della popolazione sotto l’occupazione dei ribelli ma dall’altro lato esso ha avuto anche ragioni di convenienza interna. La “luna di miele” post-elezioni tra il Presidente e i francesi ha iniziato ad incrinarsi e il grande vento di novità promesso si è rivelato poco più di uno spiffero. Per tornare alla ribalta negli indici di gradimento e al contempo mantenere la longa mano francese sull’ex colonia, Hollande ha anticipato i tempi di questa guerra tutt’altro che mediatica. Non vi sono immagini di ingressi trionfanti, di feriti o azioni di guerra. Quasi nessun giornalista ha avuto il permesso di seguire le truppe.
Le truppe franco-africane continuano l’avanzata, ma quando arrivano i ribelli se ne sono già andati da un pezzo, alcuni battono in ritirata verso Nord altri forse rimangono come pesci nell’acqua tra la popolazione. È difficile – e costoso – debellare un nemico difficile da scovare e quindi, ipotizza Simoni, l’esercito di liberazione potrebbe trattare con i Tuareg moderati del Nord, concedendo qualche forma di autonomia e lasciando quindi ai nuovi responsabili del territorio il compito “sporco” di combattere i jihadisti. Questi, intanto, potrebbero trovare il loro quartier generale nel deserto e da lì, fuori controllo, orchestrare attacchi terroristici in Africa e nel mondo. Il terrorismo, infatti, ormai è un fenomeno globale.

lunedì 28 gennaio 2013

TiRaNa-ToRiNo


Viaggio in Mali con Alberto Fascetto


























Un’analisi della situazione che sta vivendo il Mali, attraverso il racconto diretto di Alberto Fascetto, cooperante che ha vissuto un anno nella capitale e un confronto con il giornalista Alberto Simoni (La Stampa), facendo un’analisi geopolitica del Paese e dell’area e valutando gli scenari che potrebbero proporsi nel prossimo futuro.

giovedì 17 gennaio 2013


Le prime truppe nigeriane 
si uniscono  all’operazione militare
contro il ribelli in  Mali.
Quasi 200 militari  nigeriani dovrebbero arrivare nel Mali per aiutare a combattere i ribelli islamici nel nord del paese.
E’  il primo contingente di un paese dell’Africa Occidentale ad unirsi all’operazione contro i ribelli, lanciata  venerdì dalla Francia.
In totale, 3,300 militari  della comunità economica dell’Africa Occidentale (CEDEAO) saranno inviati a partecipare nel conflitto che è stato autorizzato dalla risoluzione del consiglio della sicurezza dell’ONU. Il Ciad ha confermato che manderà 2000 militari .  Anche Benin, Ghana, Niger, Senegal, Burkina Faso e Togo si sono inoltre impegnati a partecipare.
Intanto, le forze Francesi e Maliane hanno incominciato la  loro prima grande operazione terrestre  contro gli islamisti.
Da informazioni,si deduce che  mercoledì sono  scoppiate battaglie   tra i soldati ed I ribelli nella citta di Diabaly, situata  a 350 km a  nord della capitale Bamako
Lunedì, gli islamisti  sono entrati nella città di Diabaly, prendendola dalle mani delle forze maliane. Aerei da combattimento francesi hanno immediatamente aggredito le postazioni  dei ribelli.
La Francia è intervenuta , venerdi scorso,  per tentare di  frenare l’avanzata dei ribelli verso la capitale.
Ci sono circa 800 militari  francesi sul suolo Maliano.
L’Articolo è dalla BBC