martedì 28 dicembre 2010

TERRITORI DI INCONTRO






Il progetto europeo Des Alpes Au Sahel! , promosso dalla Regione Piemonte con la collaborazione del Consorzio delle ONG Piemontesi (COP), prevede l’organizzazione di 6 percorsi formativi sul territorio piemontese al fine di offrire l’opportunità ai partecipanti di approfondire motivazioni e strategie che possano portare ad integrare le attività di educazione alla solidarietà internazionale con l’educazione ambientale ed allo sviluppo sostenibile.

Il corso è aperto a insegnanti di scuole primarie e secondarie di primo grado, educatori di associazioni e Ong, operatori di Enti Locali e Parchi.

La scadenza per le iscrizioni è fissata al 17 gennaio 2011. La partecipazione agli incontri è gratuita.

Al termine del corso sarà consegnato ai partecipanti che abbiano preso parte ad almeno 4 dei 5 incontri previsti un attestato di partecipazione.

Il percorso di formazione, realizzato con la collaborazione del Consorzio delle ONG Piemontesi (COP) e sotto il patrocino dell'Ufficio Scolastico Regionale, si sviluppa sul territorio piemontese tra gennaio e aprile 2011. Il programma di ogni singolo modulo organizzato a livello territoriale varia nelle date e nel programma degli incontri.

Per avere maggiori informazioni 
 
vai sul sito :
http://www.ongpiemonte.it


Per avere il programma di ogni provincia in Piemonti vai sul sito di Agorà- Piemonte:
http://agora.regione.piemonte.it/des-alpes-au-sahel/francais/actions-du-projet/2.5-formation-des-einseignants/en-italie

Per iscriversi è necessario scaricare l'apposito modulo, compilarlo e trasmetterlo, completo di sottoscrizione al Settore Affari Internazionali della Regione Piemonte via e-mail o via fax ai seguenti recapiti:

La scadenza per le iscrizioni è fissata al 17 gennaio 2011.

Un'iniziativa realizzata nell'ambito del progetto europeo




martedì 21 dicembre 2010

BUONE FESTE



i nostri Migliori Auguri

di Buon Natale

un Anno Nuovo

di Pace, Giustizia e Solidarietà!


venerdì 17 dicembre 2010

BUON COMPLEANNO, RE.TE.!!!

BUON COMPLEANNO A TUTTI I SOCI, A TUTTI I SOSTENITORI E A TUTTI COLORO CHE IN QUESTI 24 ANNI HANNO CREDUTO NELL'IMPEGNO DI RE.TE. ONG E NELLA SUA BATTAGLIA PER UN MONDO PIU' GIUSTO E SOLIDALE

martedì 30 novembre 2010

ACQUA BENE COMUNE






Acqua bene comune.

Il futuro dell'acqua tra diritto e merce.

Giovedì 2 Dicembre 2010 dalle ore 9,00 alle ore 12,30 presso l’aula 5 di Palazzina Einaudi, sede della Facoltà di Scienze Politiche, lungo Dora Siena 68/A.

L’iniziativa “Acqua bene comune. Il futuro dell’acqua tra diritto e merce si colloca all’interno di una serie di eventi organizzati da RE.TE Ong, che hanno l'obiettivo di sensibilizzare la popolazione alle tematiche di protezione e salvaguardia delle risorse idriche, nel quadro del progetto “Potenziamento delle capacità operative dell’azienda municipalizzata JKP di Breza (Bosnia Erzegovina)”, co-finanziato dalla Regione Piemonte.

Il dibattito su una corretta e oculata gestione del bene acqua è in primo piano sia in paesi in via di sviluppo sia nel nostro paese, alimentato dal processo di privatizzazione delle reti di distribuzione idrica che già da tempo è presente nell’agenda politico-governativa ed attualmente in fase di realizzazione.

RE.Te Ong propone in sede universitaria una giornata di confronto e dibattito sul processo di privatizzazione delle reti di distribuzione idrica nella quale interverranno:

Tom Dealessandri,

Vicesindaco di Torino.

Luca Martinelli,

giornalista e redattore del mensile "Altreconomia", autore di “Imbrocchiamola! Dalle minerali al rubinetto, piccola guida al consumo critico dell’acqua” e di "L'acqua è una merce".

Giovanni Casciaro,

Presidente RE.TE Ong.

Ugo Mattei,

docente di Diritto Civile presso la Facoltà di Giurisprudenza di Torino, vicepresidente commissione Rodotà, estensore dei quesiti referendari contro la privatizzazione dell’acqua. Autore del libro: “Il Saccheggio. Regime di legalità e trasformazioni globali" 2010 Mondadori.

Stefano Ferrari,

docente di Gestione delle Risorse Idriche presso la Facoltà di Agraria.

Armando Quazzo,

Dirigente Area Sviluppo Smat.


giovedì 25 novembre 2010

25 NOVEMBRE

25 NOVEMBRE 2010

GIORNATA INTERNAZIONALE CONTRO

LA VIOLENZA SULLE DONNE
Se tutte le donne andassero a scuola.
Se tutte le donne si laureassero.
Se tutte le donne smettessero di guardare i programmi televisivi dove le donne sono svilite.
Se tutte le donne non comprassero più i prodotti che fanno pubblicità usando il corpo delle donne.
Se tutte le donne imparassero a usare i contraccettivi.
Se tutte le donne denunciassero ogni violenza subita.
Se tutte le donne votassero solo le donne.
Se tutte le donne pretendessero dai mariti una divisione equa dei compiti familiari.
Se tutte le donne lavorassero.
Se tutte le donne che lavorano chiedessero di essere pagate di più.
Se tutte le donne imparassero una lingua straniera.
Se tutte le donne spiegassero alle figlie come funziona il loro corpo.
Se tutte le donne insegnassero ai figli come si stira una camicia.
Se tutte le donne imparassero a usare il computer.
Se tutte le donne aiutassero le altre donne.
Se tutte le donne si organizzassero.
Se tutte le donne facessero sentire la loro voce.
Se tutte le donne sapessero il potere che hanno.
Giovanni De Mauro

lunedì 22 novembre 2010

“È sopravvissuta per un pò grazie alla forza di tanti. È caduta troppo presto per la scelta di pochi” R.I.P.

(Ripreso dalla pagina web di DolomitAfricaG8)

Focsiv, Cini, Amref, Cuamm, Medici senza Frontiere, Terre des Hommes, Actionaid, Save the Children, Avsi, Cesvi, Intersos; e poi Agimondo, Apicom, Avvenire, L’Unità, La Repubblica, Nigrizia. Sono solo le principali Ong italiane e alcune delle testate giornalistiche più rilevanti che si sono espresse senza mezzi termini contro la condanna alla pena capitale inflitta alla cooperazione italiana.

“Non si era mai arrivati così in basso, la cooperazione è morta”. Con queste parole lapidarie, Sergio Marelli, segretario generale della Focsiv,ha commentato il colpo di grazia scientemente abbattuto sulla nostra cooperazione – o di ciò che ne resta – dall’ultima finanziaria. “Abbiamo raggiunto i livelli più bassi di sempre – valutati in termini nominali – inferiori anche a quelli negli anni dei sacrifici di tutti per entrare nell’euro. Il livello di Aiuto pubblico allo Sviluppo (Aps) attuale è solo il 61% di quel valore del 1996. Dei 179 milioni di euro previsti (45% in meno rispetto al 2010!), se togliamo i soldi per gli impegni pregressi e le spese di gestione della Direzione Generale per la Cooperazione allo Sviluppo del MAE (Mistero Affari Esteri), non rimangono che 90 milioni, più o meno. Cioè, il 40% di questo budget serve per la gestione del budget stesso. A questo livello la Direzione non ha quasi più motivo di esistere. Un’azienda con una situazione simile sarebbe in cassa integrazione”.

Un solo dato per comprendere la misura di tale mutilazione: l’Italia contribuisce alla lotta alla povertà per meno di un sesto dei fondi annuali stanziati da Medici Senza Frontiere!

Oltre al danno la beffa (e la vergogna): il taglio dissennato è avvenuto nonostante nel mese di giugno fosse stato accolto un ordine del giorno, presentato alla Camera dei Deputati, che impegnava il Governo a preservare la cooperazione. Di più: al Consiglio dell’Unione Europea l’Italia ha firmato un impegno affinché devolvesse per la cooperazione una cifra equivalente allo 0,56% del Pil. Non basta: la scelta scellerata è stata presa a poche settimane dall’Assemblea Generale dell’Onu in cui le grandi potenze occidentali (tra cui l’Italia) hanno confermato gli impegni assunti per il raggiungimento degli Obiettivi del Millennio. “Un’altra Finanziaria che conferma il totale disinteresse del Governo per la Cooperazione allo Sviluppo e l’esplicita volontà di non rispettare gli impegni internazionali in materia di lotta alla povertà”, l’amara sintesi di Maria Egizia Petroccione, Coordinatrice del Cini.

È bene essere chiari su di un punto per prevenire facili, quanto superficiali o pretenziose critiche. La scelta del Governo italiano non è il frutto di esigenze di bilancio, ma di una precisa volontà politica. Resistono ben pochi margini di difesa per Tremonti & co. Ancora Marelli: “Per le spese militari ci sono tre miliardi di euro l’anno, per la cooperazione allo sviluppo meno di 100 milioni. Sarebbe possibile mantenere inalterati gli stanziamenti per la cooperazione, se solo si riducessero le spese militari del 5% o del 10%”. La crisi economica, quindi, non c’entra: in Europa i tagli toccano tutti i settori salvo, proprio, quello della cooperazione allo sviluppo. Paesi in difficoltà come Spagna o Francia hanno aumentato gli stanziamenti, la Gran Bretagna, quantomeno, li ha lasciati intatti. In generale, nel resto del Mondo, la tendenza è opposta a quella del nostro paese: Stati emergenti come il Brasile o la Cina stanno aumentano ogni anno i propri investimenti in cooperazione internazionale, nella certezza che ciò contribuisce, anche, alla tutela del proprio interesse nazionale.

D’altra parte Franco Frattini aveva preavvisato tutti, chiarendo molto bene il suo pensiero sulla sua “cooperazione”, già nell’agosto 2009, all’apertura del meeting ciellino di Rimini. Il ministro degli esteri, infatti, preparava il futuro smantellamento della cooperazione italiana, indicando il modello di Eni e di Finmeccanica come quello da esportare per la “collaborazione” con i paesi Africani, decretando in tal modo la sostituzione dell’impresa alla Ong nell’aiuto allo sviluppo. “Il continente africano, se alimentato da uno sviluppo sostenibile, è destinato a diventare un mercato rilevante per le nostre (dell’Italia! n.d.r.) merci. Stiamo rivolgendo il nostro (dell’Italia! n.d.r.) interesse ai paesi africani che offrono le maggiori opportunità per le nostre (dell’Italia! n.d.r.) imprese. L’Africa (…) è un mercato di 900 milioni di consumatori, con spazi promettenti per investimenti esteri (dell’Italia! n.d.r.) e cooperazioni internazionali”. Senza dubbio molto chiaro l’interesse di Frattini alla cooperazione allo sviluppo … dell’Italia!

Diamo allora il giusto significato alle parole e chiamiamo questa “nuova cooperazione” col suo nome: “nuovo ricatto economico”. La continuazione logica di ciò che da anni mettono in pratica le multinazionali e gli Stati con la loro intemperanza nel mercato dei Paesi africani, di fatto estromettendoli col metodo del dumping (l’uso dei sussidi all’esportazione – erogati dagli Stati alle imprese – al fine di consentire l’esportazione dei prodotti a un prezzo inferiore a quello di mercato). Lo schema frattiniano è grossolanamente questo: ti costruisco una diga, ci faccio lavorare mille persone locali/lo sfruttamento dell’acqua è mio, lo sfruttamento della manodopera anche. Ti regalo una strada, la costruiscono i tuoi operai/mi concedi l’estrazione petrolifera sul tuo territorio per i prossimi dieci anni. Ricattare chi non può scegliere: cosa c’è di peggio?

Le parole del presidente dell’Associazione delle Ong italiane, Francesco Petrelli, intervistato da Repubblica, sono tanto dure quanto vere: “Di fatto il Governo italiano con questa scelta si assume la responsabilità di lasciare milioni di persone a un futuro di fame, povertà, pandemie come l’Aids e tubercolosi”.

Le responsabilità sono precise e terribili, probabilmente non pagherà nessuno di coloro ai quali sono in capo. Ma la Storia, come sempre, non lascerà dubbi in merito.