giovedì 30 aprile 2009

Richiesta di aiuto dalla Bosnia: due pompe per l'acqua

Ciao da Breza,

una richiesta (in emergenza...) del nostro partner locale Municipalizzata di Breza: dopo una quindicina d'anni di servizio le due pompe (centrifughe ad asse orizzontale, pare) di italica marca Caprari avute in donazione durante la guerra stanno per lasciarci, con probabili gravi conseguenze sulla disponibilita' d'acqua a Breza, gia' di per se' incerta... I motori elettrici allegati alle due pompe invece funzionano ancora bene

Se sapete di qualche municipalizzata nostra che ne abbia di dismesse in magazzino (due: viaggiano in copia) e voglia spedirgliele, ve ne saranno eternamente grati (cioe', almeno fino a quando non si scasseranno anche quelle :-)

Enrico

“IL CIBO AL CENTRO, L’AGRICOLTURA OVUNQUE!”


DOCUMENTO
del Comitato Italiano per la Sovranità Alimentare
e della Coalizione Italiana contro la Povertà – GCAP Italia
in occasione del G8 dei Ministri dell’Agricoltura Cison di Valmarino (TV), 18 – 20 Aprile 2009


L’Italia ospita quest’anno il summit del G8 nel cuore di una crisi finanziaria che si è sovrapposta alla crisi alimentare ed energetica, per poi diventare una crisi economica con effetti sull’economia reale e sul benessere delle famiglie. Il recente default mondiale si è infine inserito su due crisi strutturali come quella climatica e quella della governance globale.
Nessuna di queste crisi è stata prevista dalle autorità né affrontata con strategie politiche adeguate e con senso di responsabilità, generando solo risposte palliative, in perfetta continuità con le politiche responsabili di un tale effetto domino. Come diceva Albert Einstein, “la follia è fare sempre la stessa cosa e attendersi risultati diversi”. Ne ricaviamo la forte sensazione di un’incapacità prospettica e gestionale da parte di quella leadership globale che pretende di guidare il mondo.
Lo scoppio della crisi alimentare ha fatto nuovamente emergere la necessità di restituire all’agricoltura il ruolo che le spetta, ponendola al centro delle priorità e delle politiche dei governi. Fino all’impazzimento dei prezzi delle derrate agricole che in un solo biennio ha spinto nell’insicurezza alimentare altri 100 milioni di uomini, donne e bambini, l’agricoltura era considerata solo come un settore secondario, come mero ostacolo alla chiusura del negoziato sul commercio internazionale. Ne è sintomatico esempio il calo drastico dell’aiuto pubblico allo sviluppo agricolo, che da un massimo del 18,1% del 1979 è precipitato al 3,5% del 2004, come evidenziato con evidente senso di colpa anche dalla Banca Mondiale. Le poche risorse disponibili sono state inoltre indirizzate verso un modello produttivo agroesportatore di un numero molto limitato di commodities che si è rivelato fragile, energivoro e a beneficio di elite ristrette, al nord come al sud. Un modello preda della volatilità dei prezzi e indifferente alla sicurezza alimentare.
Per noi è sempre stato chiaro che intorno all’agricoltura e al cibo si costruiscono relazioni sociali, governo del territorio, sovranità delle nazioni, diritto all’alimentazione; è uno dei pochi settori che produce ricchezza materiale e che nel mondo garantisce occupazione più di qualsiasi altro.
Restituire all’agricoltura il ruolo che le spetta significa anche riconoscere il valore del lavoro agricolo svolto da oltre 1 miliardo e 300 milioni di persone attive nel settore, circa il 50% dell’intera forza lavoro del pianeta, parte della quale rappresentata da lavoratori salariati, dipendenti per lo più stagionali e che, in molti paesi del mondo, non godono né dei diritti sindacali né di tutele contrattuali, né di misure sociali; così come nel mondo l’agricoltura arruola un esercito di lavoratori-bambini o immigrati sfruttati.
Lo smantellamento dei sistemi agroalimentari interni per affidarsi ad un anonimo “vivandiere globale” ha fatto sì che la crisi alimentare si abbattesse più crudamente, mettendo in evidenza in maniera inequivocabile che un’agricoltura senza agricoltori produce consumatori senza cibo.
In realtà l’umanità non ha mai disposto di tanto cibo come oggi, sufficiente, per la FAO a sfamare 12 miliardi di individui. Nel biennio 2007/2008 (quello della crisi alimentare) la produzione di cereali, base dell’alimentazione di tutto il pianeta, ha toccato i suoi valori record, ma la convergenza del caro petrolio e del business degli agrocarburanti con la speculazione finanziaria, fattori esogeni al settore agroalimentare, ha determinato una spirale inflattiva che ha seriamente colpito i consumatori senza al contempo migliorare il reddito degli agricoltori.
La libertà di azione concessa alla speculazione finanziaria, lasciata operare in un quadro di completa deregolamentazione, ha permesso anche la diffusione di insostenibili monocolture per la produzione di agrocarburanti orientata all’esportazione che hanno sottratto terreni agricoli per la produzione di cibo senza contribuire minimamente alla mitigazione climatica. Per questo chiediamo una moratoria immediata sugli agrocarburanti monocolturali a filiera lunga e l’uscita della finanza dal cibo e dai patrimoni fondiari sui quali ora si sta proiettando l’ombra lunga dell’economia di carta in cerca di asset remunerativi dopo l’esplosione delle recenti bolle speculative.
In questo contesto l’Africa sta pagando il prezzo più alto. È il continente dove si registra il più alto tasso d’occupazione agricola e il più alto numero di persone colpite da insicurezza alimentare, dove il cambiamento climatico ha i suoi effetti più devastanti, dove sono state più perniciosamente perseguite le politiche di aggiustamento strutturale con tagli alla spesa pubblica, annullamento dei servizi all’agricoltura (fornitura di fattori produttivi, credito, assistenza tecnica) e degli strumenti di gestione dell’offerta. L’Africa è divenuta così un continente che ha aumentato le esportazioni di prodotti agricoli primari aumentando al contempo in maniera più che proporzionale le proprie importazioni di prodotti alimentari, ovvero il suo indebitamento e la sua vulnerabilità politica. Sull’Africa inoltre stanno recentemente convergendo molteplici interessi geopolitici legati al controllo delle terre fertili e delle sue risorse naturali o volti all’appropriazione del suo mercato in espansione. Da una parte banche, imprese, investitori, agrobusiness e governi non africani proiettano sul continente i propri investimenti speculativi attingendo alle sue abbondanti risorse, dall’altra si cerca di applicare al suo sviluppo agricolo un modello universale e datato come quello della nuova rivoluzione verde per generare profitti attraverso il commercio di sementi industriali, fertilizzanti e pesticidi, aggravando le condizioni di salute dell’ambiente e aumentando il livello di indebitamento degli agricoltori.
Un percorso alternativo allo sviluppo dell’agricoltura africana e al soddisfacimento del fabbisogno alimentare dell’Africa è proposto dalle organizzazioni contadine, di allevatori e di pescatori artigianali che rivendicano la capacità dell’Africa di provvedere al proprio fabbisogno alimentare facendo di questa piattaforma l’oggetto di negoziazione con le istituzioni regionali e internazionali. Queste organizzazioni sono in procinto di creare una Piattaforma continentale di reti contadine regionale capace di interloquire con l’Unione Africana e le altri istituzioni intergovernative in difesa degli interessi della maggioranza della popolazione africana.
Quello che queste organizzazioni rivendicano si basa sulla difesa del modello di agricoltura familiare e agro ecologica, ampiamente capace di rispondere alla domanda alimentare del continente a patto di essere sostenuto adeguatamente. Ciò richiede delle politiche agricole regionali e nazionali – formulate con la partecipazione degli attori sociali – che reintroducano i servizi all’agricoltura aboliti con l’aggiustamento strutturale, dirigano gli investimenti verso le economie e le infrastrutture rurali, costruiscano i mercati locali e regionali e li difendano dalla competizione sleale da parte della sovra-produzione dell’agricoltura industriale e sussidiata in altri parti del mondo, difendano l’accesso dei contadini alla terra e alle altre risorse naturali.
In particolare, le tecniche agronomiche e di produzione agricola richiedenti ingenti quantitativi d’acqua, sono oggi una delle maggiori cause dell’emergenza di risorse idriche. L’acqua dolce sottratta agli ecosistemi naturali e utilizzata per l’approvvigionamento di sistemi agricoli in larghissima parte destinati all’esportazione, sottrae tale bene pubblico fondamentale alle comunità locali, principalmente nei paesi poveri.
Per garantire la sicurezza alimentare interna e un reddito equo ai produttori di cibo, al Nord come al Sud, è necessario tutelare i mercati locali: i paesi devono avere pertanto il diritto di promuovere il commercio di prossimità attraverso misure capaci di arginare gli effetti del dumping o le misure distorsive del commercio internazionale utilizzate per penetrare in modo sleale nei mercati dei paesi in via di sviluppo, come i sussidi all’esportazione. Il diritto alla sovranità alimentare deve essere il principio-guida nei processi negoziali in corso a tutti i livelli, multilaterali e bilaterali, ma perché sia esigibile va salvaguardato un multilateralismo autentico, dove il ruolo delle Nazioni Unite e delle loro agenzie dedicate sia centrale e prevalente nel sistema di governance globale.
Occorre dare priorità in tutte le sedi istituzionali ai mercati locali e alla filiera corta invece che farne il terreno favorevole per le grandi concentrazioni dei sistemi della grande distribuzione organizzata internazionale.
Questo consente di avere uno spazio rurale ricco in popolazione e attività agricola, (meglio avere un vicino che un deserto come vicino), la mitigazione del caos climatico, l’emancipazione da fonti fossili di energia, la tutela ed il ripristino della fertilità dei suoli, un’agricoltura economa nei costi di produzione, la qualità e salubrità dei prodotti strettamente legata alla biodiversità agricola locale e alla quantità di lavoro impiegata. In sostanza una strategia che contempli la gestione sana del territorio e delle risorse naturali, la coesione sociale, una economia tarata sui bisogni e sui diritti, la sovranità alimentare e la sicurezza tout court dei paesi.
Queste non sono deliberazioni ideologiche, ma pratiche che le organizzazioni sociali stanno moltiplicando nel pianeta: il moltiplicarsi di esperienze virtuose ancorate sui mercati di prossimità, l’estendersi delle superfici a biologico, da intendersi come modello di sviluppo rurale e non come mera tecnica, l’affermarsi di pratiche di ricerca partecipata che rendono gli agricoltori co-titolari dell’innovazione, sono le modalità con cui si rimettono al centro dei processi di sviluppo le comunità contadine restituendo loro un necessario protagonismo.
Un modello di agricoltura di piccola scala e agroecologica non rappresenta una soluzione velleitaria ma è quanto caldeggiato dai 400 esperti che hanno prodotto lo IAASTD report, promosso fra l’altro da Banca Mondiale e FAO e sottoscritto da una sessantina di paesi. Questo rapporto, che la comunità internazionale sembra ostinarsi ad ignorare, dice inoltre che gli OGM non rappresentano un’opzione valida per garantire la sicurezza alimentare, il welfare dei contadini e la soluzione al cambiamento climatico. Le colture transgeniche, non solo mantengono l’agricoltura subalterna alle logiche industriali, ma introducono con i brevetti e i contratti di coltivazione una forma di controllo sulla produzione di cibo che mette a repentaglio la sicurezza alimentare del pianeta, sommandosi ai rischi di inquinamento genetico che minacciano la biodiversità naturale e l’integrità delle produzioni alimentari. Gli OGM quindi rappresentano un modello di produzione insostenibile.
Politiche che facciano leva sull’agricoltura agroecologica, sulla centralità del lavoro e sul diritto al cibo e alla sovranità alimentare devono divenire prioritarie per le autorità pubbliche e le istituzioni internazionali. Assistiamo preoccupati al moltiplicarsi di luoghi di governance sul cibo e l’agricoltura che disperdono le energie e impediscono un confronto democratico e trasparente con le rappresentanze sociali. La proposta lanciata dal Governo francese e del G8 di una Global Partnership for Agriculture and Food Security deve essere ancora discussa nelle sue modalità per renderla maggiormente partecipata rispetto a quanto lo è stato finora, e in grado di valorizzare le sedi internazionali legittime preposte proprio a garanzia del diritto all’alimentazione, in particolare la FAO. Ci auspichiamo che
questo avvenga al più presto e che i paesi diano un contributo al dibattito in tal senso, nonché le risorse finanziarie necessarie.
La questione della governance è cruciale in questo momento, le istituzioni agricole internazionali devono migliorare la loro efficienza e dimostrare di saper affiancare in maniera appropriata i produttori di cibo perché il loro indebolimento e la loro subalternità ad istituzioni economiche e finanziarie è destinata ad aggravare la situazione.
Per queste ragioni noi chiediamo ai Ministri dell’Agricoltura dei Paesi G8:
- di investire in un modello agricolo che si basi sui principi dell’agroecologia, della priorità dei mercati locali, dell’universalizzazione del diritto di accesso e gestione delle risorse naturali, di una scala familiare della produzione agricola; dell’esclusione di tecnologie inappropriate per gli equilibri sociali e ambientali a partire da una moratoria immediata sugli OGM.
- di sostenere i processi multilaterali e processi di governance inclusivi e partecipati dalle organizzazioni sociali sulla base dei principi di autonomia e rappresentatività per la definizione di politiche agricole fondate sulla sovranità alimentare. Riconoscere come interlocutori principali i movimenti sociali dei produttori di cibo ed istituire un solo luogo di governance globale del cibo e dell’agricoltura centrato sulle Organizzazioni delle Nazioni Uniti basate a Roma.
- di tutelare il diritto al cibo anche vietando l’applicazione di derivati finanziari sulle derrate agricole
- di valorizzare il lavoro agricolo, riconoscendo ai lavoratori i diritti di rappresentanza e tutela sindacale, adottando delle adeguate legislazioni di sostegno sociale e affrontando con forza, insieme alle organizzazioni sociali del settore agricolo, il problema dello sfruttamento del lavoro sommerso
- di valorizzare tutte le filiere ad alto valore agro ecologico, le esperienze di consumo critico e solidale e l’autorganizzazione dell’offerta e della domanda anche grazie allo strumento degli acquisti pubblici, perché costituiscano un’alternativa viabile e concreta per la valorizzazione dell’agrobiodiversità, della piccola e media trasformazione e dei sistemi di produzione locale rispetto ai canali della grande distribuzione organizzata
- ai governi dei Paesi del G8, di impegnare maggiori fondi nell’Aiuto Pubblico allo Sviluppo agricolo con l’obiettivo di tornare ai livelli raggiunti nel 1979.

martedì 21 aprile 2009

5 per mille - non costa nulla e vale molto

Ecco come destinare anche quest’anno il 5 per mille
per i progetti di RETE


Nei modelli CUD 2008, 730-1 bis redditi 2008 o UNICO persone fisiche 2009
c’è un apposito allegato dedicato al 5 x mille.
Dovrai semplicemente apporre la tua firma e scrivere il numero di codice fiscale di RE.TE.

97521140018

nella prima delle tre caselle (quella riservata al sostegno del volontariato, delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale, delle associazioni di promozione sociale, delle associazioni e fondazioni).

se non presenti la dichiarazione
cioè sei titolare di redditi certificati dal modello CUD e decidi di non presentare alcuna dichiarazione, basterà recarti presso qualsiasi banca, ufficio postale o CAF (Centro di Assistenza Fiscale) e consegnare l’intero allegato relativo alla destinazione del 5 x mille. Ricordati di inserirlo in una busta seguendo le istruzioni che trovi in fondo all’allegato stesso.

se invece presenti la dichiarazione
cioè sei tra coloro che presentano il 730 o il modello UNICO, basterà comunicare al tuo commercialista o al tuo CAF di fiducia, il nostro codice fiscale e firmare, sulla copia cartacea, l’apposito allegato riferito al 5 x mille.


Questa operazione non ha nessun costo per te contribuente, ma aiuterà moltissimo RE.TE. a realizzare i suoi progetti in favore delle popolazioni svantaggiate dei Balcani e del Sud del mondo.

E RICORDA: OGNI CONTRIBUTO A RETE ONG È FISCALMENTE DEDUCIBILE:


La legge 49 del 26/2/1987 e il DLG del 4/12/1997 riconoscono il valore sociale dei contributi per la solidarietà internazionale consentendone la deducibilità fiscale, tanto alle persone fisiche che alle persone giuridiche. Essendo RETE una Organizzazione Non Governativa (ONG) e una Organizzazione Non Lucrativa di Utilità Sociale (ONLUS), tutti i contributi possono essere detratti dalle imposte in sede di dichiarazione dei redditi. In base alla legge 49 sulle ONG si può dedurre dal reddito imponibile fino al 2% del reddito complessivo dichiarato. In base al DLG 460 sulle ONLUS si può detrarre il 19% del contributo fino ad un massimo di 2.065 €.

PER CONTRIBUIRE AI PROGETTI:
C/c postale 42852111 int. Associazione tecnici solidarietà e cooperazione
C/c n° 116874 Banca Etica abi 05018 cab 12100 cin F via San Pio V 15 bis, 10125 Torino

Se vuoi sapere di più sulle attività di RE.TE. ONG clicca su:
http://www.reteong.org http://www.retecoop.blogspot.com
Noi siamo in corso Giulio Cesare 69/9. Tel 011-7707388, email rete@arpnet.it .

AIUTACI FACENDO CIRCOLARE LA VOCE
TRA AMICI PARENTI, COLLEGHI E CONOSCENTI!

Un grazie di cuore da noi e da tutti i partecipanti ai progetti di RETE.

venerdì 17 aprile 2009

cerchiamo un cooperante per il Mali

Progetto: Miglioramento delle filiere orticole e organizzazione dei produttori dei Paesi Dogon. (RE.TE/Terra Nuova, finanziamento Ministero Affari Esteri)
Località: Bandiagara (paese Dogon), regione di Mopti

Competenze richieste: esperienza di gestione di progetti, competenza in campo agricolo, lingua francese, preferibile precedente esperienza in Sahel

Tipo di inquadramento: cooperante capoprogetto MAE e rappresentante paese per RE.TE
Partenza prevista: 20 maggio.

per info e cv: Sabrina Marchi, 011-7707388, sabrina.marchi@reteong.org