martedì 30 novembre 2010

ACQUA BENE COMUNE






Acqua bene comune.

Il futuro dell'acqua tra diritto e merce.

Giovedì 2 Dicembre 2010 dalle ore 9,00 alle ore 12,30 presso l’aula 5 di Palazzina Einaudi, sede della Facoltà di Scienze Politiche, lungo Dora Siena 68/A.

L’iniziativa “Acqua bene comune. Il futuro dell’acqua tra diritto e merce si colloca all’interno di una serie di eventi organizzati da RE.TE Ong, che hanno l'obiettivo di sensibilizzare la popolazione alle tematiche di protezione e salvaguardia delle risorse idriche, nel quadro del progetto “Potenziamento delle capacità operative dell’azienda municipalizzata JKP di Breza (Bosnia Erzegovina)”, co-finanziato dalla Regione Piemonte.

Il dibattito su una corretta e oculata gestione del bene acqua è in primo piano sia in paesi in via di sviluppo sia nel nostro paese, alimentato dal processo di privatizzazione delle reti di distribuzione idrica che già da tempo è presente nell’agenda politico-governativa ed attualmente in fase di realizzazione.

RE.Te Ong propone in sede universitaria una giornata di confronto e dibattito sul processo di privatizzazione delle reti di distribuzione idrica nella quale interverranno:

Tom Dealessandri,

Vicesindaco di Torino.

Luca Martinelli,

giornalista e redattore del mensile "Altreconomia", autore di “Imbrocchiamola! Dalle minerali al rubinetto, piccola guida al consumo critico dell’acqua” e di "L'acqua è una merce".

Giovanni Casciaro,

Presidente RE.TE Ong.

Ugo Mattei,

docente di Diritto Civile presso la Facoltà di Giurisprudenza di Torino, vicepresidente commissione Rodotà, estensore dei quesiti referendari contro la privatizzazione dell’acqua. Autore del libro: “Il Saccheggio. Regime di legalità e trasformazioni globali" 2010 Mondadori.

Stefano Ferrari,

docente di Gestione delle Risorse Idriche presso la Facoltà di Agraria.

Armando Quazzo,

Dirigente Area Sviluppo Smat.


giovedì 25 novembre 2010

25 NOVEMBRE

25 NOVEMBRE 2010

GIORNATA INTERNAZIONALE CONTRO

LA VIOLENZA SULLE DONNE
Se tutte le donne andassero a scuola.
Se tutte le donne si laureassero.
Se tutte le donne smettessero di guardare i programmi televisivi dove le donne sono svilite.
Se tutte le donne non comprassero più i prodotti che fanno pubblicità usando il corpo delle donne.
Se tutte le donne imparassero a usare i contraccettivi.
Se tutte le donne denunciassero ogni violenza subita.
Se tutte le donne votassero solo le donne.
Se tutte le donne pretendessero dai mariti una divisione equa dei compiti familiari.
Se tutte le donne lavorassero.
Se tutte le donne che lavorano chiedessero di essere pagate di più.
Se tutte le donne imparassero una lingua straniera.
Se tutte le donne spiegassero alle figlie come funziona il loro corpo.
Se tutte le donne insegnassero ai figli come si stira una camicia.
Se tutte le donne imparassero a usare il computer.
Se tutte le donne aiutassero le altre donne.
Se tutte le donne si organizzassero.
Se tutte le donne facessero sentire la loro voce.
Se tutte le donne sapessero il potere che hanno.
Giovanni De Mauro

lunedì 22 novembre 2010

“È sopravvissuta per un pò grazie alla forza di tanti. È caduta troppo presto per la scelta di pochi” R.I.P.

(Ripreso dalla pagina web di DolomitAfricaG8)

Focsiv, Cini, Amref, Cuamm, Medici senza Frontiere, Terre des Hommes, Actionaid, Save the Children, Avsi, Cesvi, Intersos; e poi Agimondo, Apicom, Avvenire, L’Unità, La Repubblica, Nigrizia. Sono solo le principali Ong italiane e alcune delle testate giornalistiche più rilevanti che si sono espresse senza mezzi termini contro la condanna alla pena capitale inflitta alla cooperazione italiana.

“Non si era mai arrivati così in basso, la cooperazione è morta”. Con queste parole lapidarie, Sergio Marelli, segretario generale della Focsiv,ha commentato il colpo di grazia scientemente abbattuto sulla nostra cooperazione – o di ciò che ne resta – dall’ultima finanziaria. “Abbiamo raggiunto i livelli più bassi di sempre – valutati in termini nominali – inferiori anche a quelli negli anni dei sacrifici di tutti per entrare nell’euro. Il livello di Aiuto pubblico allo Sviluppo (Aps) attuale è solo il 61% di quel valore del 1996. Dei 179 milioni di euro previsti (45% in meno rispetto al 2010!), se togliamo i soldi per gli impegni pregressi e le spese di gestione della Direzione Generale per la Cooperazione allo Sviluppo del MAE (Mistero Affari Esteri), non rimangono che 90 milioni, più o meno. Cioè, il 40% di questo budget serve per la gestione del budget stesso. A questo livello la Direzione non ha quasi più motivo di esistere. Un’azienda con una situazione simile sarebbe in cassa integrazione”.

Un solo dato per comprendere la misura di tale mutilazione: l’Italia contribuisce alla lotta alla povertà per meno di un sesto dei fondi annuali stanziati da Medici Senza Frontiere!

Oltre al danno la beffa (e la vergogna): il taglio dissennato è avvenuto nonostante nel mese di giugno fosse stato accolto un ordine del giorno, presentato alla Camera dei Deputati, che impegnava il Governo a preservare la cooperazione. Di più: al Consiglio dell’Unione Europea l’Italia ha firmato un impegno affinché devolvesse per la cooperazione una cifra equivalente allo 0,56% del Pil. Non basta: la scelta scellerata è stata presa a poche settimane dall’Assemblea Generale dell’Onu in cui le grandi potenze occidentali (tra cui l’Italia) hanno confermato gli impegni assunti per il raggiungimento degli Obiettivi del Millennio. “Un’altra Finanziaria che conferma il totale disinteresse del Governo per la Cooperazione allo Sviluppo e l’esplicita volontà di non rispettare gli impegni internazionali in materia di lotta alla povertà”, l’amara sintesi di Maria Egizia Petroccione, Coordinatrice del Cini.

È bene essere chiari su di un punto per prevenire facili, quanto superficiali o pretenziose critiche. La scelta del Governo italiano non è il frutto di esigenze di bilancio, ma di una precisa volontà politica. Resistono ben pochi margini di difesa per Tremonti & co. Ancora Marelli: “Per le spese militari ci sono tre miliardi di euro l’anno, per la cooperazione allo sviluppo meno di 100 milioni. Sarebbe possibile mantenere inalterati gli stanziamenti per la cooperazione, se solo si riducessero le spese militari del 5% o del 10%”. La crisi economica, quindi, non c’entra: in Europa i tagli toccano tutti i settori salvo, proprio, quello della cooperazione allo sviluppo. Paesi in difficoltà come Spagna o Francia hanno aumentato gli stanziamenti, la Gran Bretagna, quantomeno, li ha lasciati intatti. In generale, nel resto del Mondo, la tendenza è opposta a quella del nostro paese: Stati emergenti come il Brasile o la Cina stanno aumentano ogni anno i propri investimenti in cooperazione internazionale, nella certezza che ciò contribuisce, anche, alla tutela del proprio interesse nazionale.

D’altra parte Franco Frattini aveva preavvisato tutti, chiarendo molto bene il suo pensiero sulla sua “cooperazione”, già nell’agosto 2009, all’apertura del meeting ciellino di Rimini. Il ministro degli esteri, infatti, preparava il futuro smantellamento della cooperazione italiana, indicando il modello di Eni e di Finmeccanica come quello da esportare per la “collaborazione” con i paesi Africani, decretando in tal modo la sostituzione dell’impresa alla Ong nell’aiuto allo sviluppo. “Il continente africano, se alimentato da uno sviluppo sostenibile, è destinato a diventare un mercato rilevante per le nostre (dell’Italia! n.d.r.) merci. Stiamo rivolgendo il nostro (dell’Italia! n.d.r.) interesse ai paesi africani che offrono le maggiori opportunità per le nostre (dell’Italia! n.d.r.) imprese. L’Africa (…) è un mercato di 900 milioni di consumatori, con spazi promettenti per investimenti esteri (dell’Italia! n.d.r.) e cooperazioni internazionali”. Senza dubbio molto chiaro l’interesse di Frattini alla cooperazione allo sviluppo … dell’Italia!

Diamo allora il giusto significato alle parole e chiamiamo questa “nuova cooperazione” col suo nome: “nuovo ricatto economico”. La continuazione logica di ciò che da anni mettono in pratica le multinazionali e gli Stati con la loro intemperanza nel mercato dei Paesi africani, di fatto estromettendoli col metodo del dumping (l’uso dei sussidi all’esportazione – erogati dagli Stati alle imprese – al fine di consentire l’esportazione dei prodotti a un prezzo inferiore a quello di mercato). Lo schema frattiniano è grossolanamente questo: ti costruisco una diga, ci faccio lavorare mille persone locali/lo sfruttamento dell’acqua è mio, lo sfruttamento della manodopera anche. Ti regalo una strada, la costruiscono i tuoi operai/mi concedi l’estrazione petrolifera sul tuo territorio per i prossimi dieci anni. Ricattare chi non può scegliere: cosa c’è di peggio?

Le parole del presidente dell’Associazione delle Ong italiane, Francesco Petrelli, intervistato da Repubblica, sono tanto dure quanto vere: “Di fatto il Governo italiano con questa scelta si assume la responsabilità di lasciare milioni di persone a un futuro di fame, povertà, pandemie come l’Aids e tubercolosi”.

Le responsabilità sono precise e terribili, probabilmente non pagherà nessuno di coloro ai quali sono in capo. Ma la Storia, come sempre, non lascerà dubbi in merito.

sabato 20 novembre 2010

21° Giornata Mondiale dei Diritti del Fanciullo


Il 20 novembre del 1989 è stata approvata dall’Assemblea delle Nazioni Unite la Convezione dei Diritti dell’Infanzia. In Italia, la convenzione è stata approvata nel 1991 e nel 1997 è stata istituito la Commissione Parlamentare per l’Infanzia e l’Osservatorio Nazionale per l’Infanzia. La Giornata Mondiale dell’Infanzia celebra la data in cui la Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia venne approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a New York: 20 novembre 1989. Data che coincide con un duplice anniversario: la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo (1789) e la Dichiarazione dei Diritti del Bambino (1959).
Principi Generali della Convenzione
La Convezione non è solo una dichiarazione di principi generali ma, se ratificata, rappresenta un vero e proprio vincolo giuridico che impegna tutti gli Stati che l’hanno approvato, i quali devono uniformare le norme di diritto interno a quelle della Convenzione per far in modo che i diritti e le libertà in essa proclamati siano resi effettivi. La Convenzione Internazionale, infatti, rappresenta un codice di diritti e un programma che impegna tutti gli Stati a costruire un sistema globale di protezione e sviluppo. Proprio per l’importanza di questa Convezione è stato istituito anche un “Comitato per i diritti dell’infanzia”, noto anche come Comitato dei Dieci, che ha il compito di controllare il processo di cambiamento, di sollecitare gli Stati ad illustrare i provvedimenti attuati per modificare le proprie leggi nazionali.

Ad ogni bambino va garantito:
1. Il diritto all’eguaglianza senza distinzione o discriminazione di razza, religione, origine o sesso
2. Il diritto ai mezzi che consentono lo sviluppo in modo sano e normale sul piano fisico, intellettuale, morale, spirituale e sociale
3. Il diritto ad un nome e ad una nazionalità
4. Il diritto ad una alimentazione sana, alloggio e cure mediche
5. Il diritto a cure speciali in caso di invalidità
6. Il diritto ad amore, comprensione e protezione
7. Il diritto all’istruzione gratuita, attività ricreative e divertimento
8. Il diritto a soccorso immediato in caso di catastrofi
9. Il diritto alla protezione contro qualsiasi forma di negligenza, crudeltà e sfruttamento
10. Il diritto alla protezione contro qualsiasi tipo di discriminazione ed il diritto ad un’istruzione in uno spirito d’amicizia fra i popoli, di pace e di fratellanza.

lunedì 15 novembre 2010

Taglio del 75 % il Fondo del 5 per mille



COMUNICATO STAMPA

Roma, 15 novembre 2010

Tagliato del 75% il fondo per il 5 per mille:

ennesimo colpo al volontariato e alla solidarietà sociale

Con emendamento alla legge di Stabilità, è stato tagliato del 75% il fondo per il 5 per mille dell’Irpef che i cittadini potevano destinare al volontariato, alla ricerca e all’università.

Il Governo, prima non ha tenuto fede all’impegno di stabilizzare il fondo, poi, con un colpo di mano, lo ha addirittura ridotto a soli 100 milioni di Euro, che non copriranno neppure il 20% dei fondi che i cittadini destinano annualmente con le proprie firme.

Con questo provvedimento, che si aggiunge ai precedenti pesanti tagli al Servizio Civile Volontario, alla Cooperazione Internazionale, ai servizi sociali dei Comuni, si porta un colpo mortale al volontariato e alla solidarietà sociale, invocata in tempo di crisi a farsi carico sempre più delle carenze dei servizi statali alle categorie più deboli e ai nuovi poveri.

Chiediamo alle forze politiche di farsi carico con decisione di questo ulteriore spregio sociale, ai mezzi di comunicazione di dare la giusta evidenza a questo modo di procedere antisociale, a tutti i cittadini contribuenti a far sentire la propria voce.

Giancarlo Malavolti

Presidente Cocis

Ufficio Stampa

Federica Baiocchi

federica@cocis.it

www.cocis.it

Tel. + 39 06 32111501

+39 3289115878

giovedì 11 novembre 2010




Comunicato Stampa

In nome dei diritti umani, si ascoltino i lavoratori immigrati di Brescia


Cocis esprime la piena solidarietà ai lavoratori immigrati di Brescia che protestano per la truffa della mancata sanatoria; sollecita i mezzi di informazione a dare il dovuto risalto alle ragioni di questa lotta, nel nome del rispetto dei diritti umani fondamentali sanciti dalla nostra Costituzione e dalla Carta delle Nazioni Unite; esprime preoccupazione per il silenzio e la mancanza di espressioni di solidarietà da parte di forze politiche e istituzioni locali e nazionali.

(Foto: Nicola Zambelli)

Chiede che governo e istituzioni diano risposte certe a questi lavoratori, al pari di qualsiasi altro cittadino, evitando ogni forma di repressione violenta di questa protesta.

Il Cocis fa appello al Presidente della Repubblica, perché solleciti anche in questa occasione il pieno rispetto dei diritti umani, risparmiando così al nostro paese un ulteriore degrado della propria credibilità internazionale.

Per il Cocis
Giancarlo Malavolti (Presidente)


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venerdì 5 novembre 2010

COMPRA ANCHE TU UNA MELA SOLIDALE!

Partecipa a TUTTOMELE, a Cavour dal 6 al 14 novembre.

I produttori Coldiretti sostengono il progetto di sviluppo della filiera dello scalogno dogon in Mali.
L'1% delle vendite di Pinfruit a TUTTOMELE andrà a sostegno dei produttori maliani per affermare il diritto di coltivare la propria terra, vendere i propri prodotti e ottenere col proprio lavoro una vita migliore.