martedì 31 luglio 2012

La sharia nel nord del Mali


Una coppia sposata è stata lapidata a morte per adulterio nel villaggio d’Aguelhok, nel nord-est del Mali, dagli islamisti d’Ansar Dine . La notizie ci è giunta attraverso il portavoce di questo gruppo alleato all’Al Qaida del Magreb Islamico (Aqmi).
Questa coppia, accusata d’avere avuto delle relazioni extraconiugali, è stata pubblicamente giustiziata domenica, ha detto a Reuters il portavoce d’Ansar Dine, Sanda Ould Bounama, raggiunto al telefono lunedì.
 “Queste due persone erano sposate e avevano  relazioni extraconiugali. I nostri uomini  in Aguelhok hanno applicato la Sharia”, ha detto. “Essi sono morti istantaneamente(…) . Non possiamo rispondere alle domande legate all’applicazione della Sharia”.
Approfittando della confusione che ha seguito  il colpo di stato militare del 22 Marzo, gli islamisti si sono impadroniti del nord del Mali con l’aiuto dei ribelli Tuareg del Movimento Nazionale di Liberazione, l’Azawad (MNLA).
Ansar Dine, raggiunto da altri gruppi Islamisti come Al Quaida del Magreb Islamico(Aqmi), ha spodestato gli insorti e preso il controllo della metà del territorio, ovvero  Gao, Kidal e Timbouctou.

Articolo scritto da Adama Diarra a Bamako e Cheick Dioura a  Gao e Marine Pennetier per la redazione  francese di REUTERS. Foto: Guardian.

Un ricordo di Enrico Luzzati


Università degli Studi di Torino, Facoltà di Scienze Politiche, CISAO e Centro Piemontese di Studi Africani
presentano il seminario:
CON I PIEDI PER TERRA. MOVIMENTI CONTADINI, RICERCA‐AZIONE, COOPERAZIONE ALLO SVILUPPO.
UN LIBRO PER ENRICO LUZZATI.
Mercoledì 9 maggio 2012, ore 16‐19
Sala Principi d’Acaja, Rettorato
Via Verdi 8, Torino

A nome di tutta la famiglia ed in particolare di mio cognato Michele, a cui dispiace molto di non poter partecipare, ringrazio chi ha reso possibile la realizzazione del seminario di questo pomeriggio;
ringrazio la facoltà di Sc.Po. per aver intitolato ad Enrico la cattedra di Cooperazione allo Sviluppo;
ringrazio Federico e Riccardo per la dedica del libro.
Penso che non ci potesse essere miglior modo per ricordare mio marito:
è importante il significato simbolico del dedicare una cattedra ad una persona che si è impegnata molto nella formazione dei giovani e sentiva come un dovere aiutare gli studenti a formarsi in senso completo e non solo nella trasmissione di contenuti.  Lo faceva con atteggiamento simpatico, coinvolgente. Spesso faceva venire anche a casa i laureandi, molti gli erano rimasti amici e molti, chi per un verso e chi per un altro, si sono occupati di cooperazione. Mi capita spesso di incontrare persone che l’hanno avuto come insegnante e che ne parlano con affetto e riconoscenza. Cercava da trasmettere la passione per lo studio e la ricerca coniugata con l’impegno nel sociale che era proprio quello a cui aveva dedicato la sua vita.


È significativo per ricordare Enrico anche la presentazione di un libro scritto da due persone con cui aveva spesso collaborato. E’ significativo anche il titolo stesso del libro: “Con i piedi per terra”, gli autori ci racconteranno come lo intendono, penso comunque che gli sarebbe piaciuto,  proprio lui, che ben convinto delle sue idee di obiettivi elevati, ha sempre dovuto mediare con la realtà: i piedi per terra Enrico li metteva costretto e ne era ben conscio.Non mancava mai di incitare chi lavorava nella cooperazione a continuare a studiare e a fare ricerca, a non adagiarsi nella gestione quotidiana dei progetti: mi sembra che questo libro vada proprio in questa direzione.


Ci tengo a dire qualcosa su quello che era il suo background su cui ha costruito direi tutta la sua vita.     Il primo contato con l’idea di “comunità” avvenne verso i primi anni ’50, quando un suo cugino decise di andare a vivere in Israele per partecipare alla fondazione di un kibbuz nell’Alta Galilea. In una riunione di famiglia in cui tutti si espressero negativamente lui fu l’unico a schierarsi dalla sua parte.  Enrico non era certo interessato al sionismo, ma fu per una spontanea ed immediata adesione all’idea del kibbuz;  a suo dire, fu in quel momento che scoprì di essere, per la sua stessa natura, socialista e verso quell’ambito cominciò ad indirizzare le sue letture.

Enrico ha creduto nel socialismo fin da giovanissimo, era lombardiano, iscritto alla sezione Ogliaro di cui conservava ricordi di rapporti di fratellanza ed egualitarismo.

Non era né marxista né comunista e ci teneva a precisarlo, era sinceramente anticapitalista e antiliberista.  Ha sempre criticato aspramente il socialismo reale dell’Urss e diceva che bisognava ripartire dallo studio ( e lui l’ha fatto) di Proudhon, Owen, Tocqueville.  Ancora aveva ripreso in mano Mazzini; nella sua biblioteca c’era molto materiale su Adriano Olivetti.
E’ comunque indubbio che la vicinanza al movimento cooperativo, inteso anche in senso allargato di servizi alle comunità locali, era il suo modo concreto di essere socialista.
Oggi penso che avrebbe seguito con grande interesse l’evoluzione di questa crisi economica.
Sono venuti al pettine dei nodi che un economista come lui non poteva che analizzare con molta attenzione: era profondamente convinto che è lo stato che deve comandare la finanza e non viceversa.
Sono anche sicura che avrebbe seguito con molta attenzione in Argentina la trasformazione di alcune imprese in fallimento in cooperative gestite da chi ci lavora.
Ancora un grazie a tutti.

Nadia Yedid Luzzati

mercoledì 25 luglio 2012



Alberto Tridente, grande militante dalla parte dei diritti, amico e socio fondatore di RE.TE., ci ha lasciato martedì sera.
Il suo esempio ed il suo ricordo rimarranno in noi trasmettendoci la forza per continuare a lottare con coerenza e serietà.

Grazie Alberto!