lunedì 22 novembre 2010

“È sopravvissuta per un pò grazie alla forza di tanti. È caduta troppo presto per la scelta di pochi” R.I.P.

(Ripreso dalla pagina web di DolomitAfricaG8)

Focsiv, Cini, Amref, Cuamm, Medici senza Frontiere, Terre des Hommes, Actionaid, Save the Children, Avsi, Cesvi, Intersos; e poi Agimondo, Apicom, Avvenire, L’Unità, La Repubblica, Nigrizia. Sono solo le principali Ong italiane e alcune delle testate giornalistiche più rilevanti che si sono espresse senza mezzi termini contro la condanna alla pena capitale inflitta alla cooperazione italiana.

“Non si era mai arrivati così in basso, la cooperazione è morta”. Con queste parole lapidarie, Sergio Marelli, segretario generale della Focsiv,ha commentato il colpo di grazia scientemente abbattuto sulla nostra cooperazione – o di ciò che ne resta – dall’ultima finanziaria. “Abbiamo raggiunto i livelli più bassi di sempre – valutati in termini nominali – inferiori anche a quelli negli anni dei sacrifici di tutti per entrare nell’euro. Il livello di Aiuto pubblico allo Sviluppo (Aps) attuale è solo il 61% di quel valore del 1996. Dei 179 milioni di euro previsti (45% in meno rispetto al 2010!), se togliamo i soldi per gli impegni pregressi e le spese di gestione della Direzione Generale per la Cooperazione allo Sviluppo del MAE (Mistero Affari Esteri), non rimangono che 90 milioni, più o meno. Cioè, il 40% di questo budget serve per la gestione del budget stesso. A questo livello la Direzione non ha quasi più motivo di esistere. Un’azienda con una situazione simile sarebbe in cassa integrazione”.

Un solo dato per comprendere la misura di tale mutilazione: l’Italia contribuisce alla lotta alla povertà per meno di un sesto dei fondi annuali stanziati da Medici Senza Frontiere!

Oltre al danno la beffa (e la vergogna): il taglio dissennato è avvenuto nonostante nel mese di giugno fosse stato accolto un ordine del giorno, presentato alla Camera dei Deputati, che impegnava il Governo a preservare la cooperazione. Di più: al Consiglio dell’Unione Europea l’Italia ha firmato un impegno affinché devolvesse per la cooperazione una cifra equivalente allo 0,56% del Pil. Non basta: la scelta scellerata è stata presa a poche settimane dall’Assemblea Generale dell’Onu in cui le grandi potenze occidentali (tra cui l’Italia) hanno confermato gli impegni assunti per il raggiungimento degli Obiettivi del Millennio. “Un’altra Finanziaria che conferma il totale disinteresse del Governo per la Cooperazione allo Sviluppo e l’esplicita volontà di non rispettare gli impegni internazionali in materia di lotta alla povertà”, l’amara sintesi di Maria Egizia Petroccione, Coordinatrice del Cini.

È bene essere chiari su di un punto per prevenire facili, quanto superficiali o pretenziose critiche. La scelta del Governo italiano non è il frutto di esigenze di bilancio, ma di una precisa volontà politica. Resistono ben pochi margini di difesa per Tremonti & co. Ancora Marelli: “Per le spese militari ci sono tre miliardi di euro l’anno, per la cooperazione allo sviluppo meno di 100 milioni. Sarebbe possibile mantenere inalterati gli stanziamenti per la cooperazione, se solo si riducessero le spese militari del 5% o del 10%”. La crisi economica, quindi, non c’entra: in Europa i tagli toccano tutti i settori salvo, proprio, quello della cooperazione allo sviluppo. Paesi in difficoltà come Spagna o Francia hanno aumentato gli stanziamenti, la Gran Bretagna, quantomeno, li ha lasciati intatti. In generale, nel resto del Mondo, la tendenza è opposta a quella del nostro paese: Stati emergenti come il Brasile o la Cina stanno aumentano ogni anno i propri investimenti in cooperazione internazionale, nella certezza che ciò contribuisce, anche, alla tutela del proprio interesse nazionale.

D’altra parte Franco Frattini aveva preavvisato tutti, chiarendo molto bene il suo pensiero sulla sua “cooperazione”, già nell’agosto 2009, all’apertura del meeting ciellino di Rimini. Il ministro degli esteri, infatti, preparava il futuro smantellamento della cooperazione italiana, indicando il modello di Eni e di Finmeccanica come quello da esportare per la “collaborazione” con i paesi Africani, decretando in tal modo la sostituzione dell’impresa alla Ong nell’aiuto allo sviluppo. “Il continente africano, se alimentato da uno sviluppo sostenibile, è destinato a diventare un mercato rilevante per le nostre (dell’Italia! n.d.r.) merci. Stiamo rivolgendo il nostro (dell’Italia! n.d.r.) interesse ai paesi africani che offrono le maggiori opportunità per le nostre (dell’Italia! n.d.r.) imprese. L’Africa (…) è un mercato di 900 milioni di consumatori, con spazi promettenti per investimenti esteri (dell’Italia! n.d.r.) e cooperazioni internazionali”. Senza dubbio molto chiaro l’interesse di Frattini alla cooperazione allo sviluppo … dell’Italia!

Diamo allora il giusto significato alle parole e chiamiamo questa “nuova cooperazione” col suo nome: “nuovo ricatto economico”. La continuazione logica di ciò che da anni mettono in pratica le multinazionali e gli Stati con la loro intemperanza nel mercato dei Paesi africani, di fatto estromettendoli col metodo del dumping (l’uso dei sussidi all’esportazione – erogati dagli Stati alle imprese – al fine di consentire l’esportazione dei prodotti a un prezzo inferiore a quello di mercato). Lo schema frattiniano è grossolanamente questo: ti costruisco una diga, ci faccio lavorare mille persone locali/lo sfruttamento dell’acqua è mio, lo sfruttamento della manodopera anche. Ti regalo una strada, la costruiscono i tuoi operai/mi concedi l’estrazione petrolifera sul tuo territorio per i prossimi dieci anni. Ricattare chi non può scegliere: cosa c’è di peggio?

Le parole del presidente dell’Associazione delle Ong italiane, Francesco Petrelli, intervistato da Repubblica, sono tanto dure quanto vere: “Di fatto il Governo italiano con questa scelta si assume la responsabilità di lasciare milioni di persone a un futuro di fame, povertà, pandemie come l’Aids e tubercolosi”.

Le responsabilità sono precise e terribili, probabilmente non pagherà nessuno di coloro ai quali sono in capo. Ma la Storia, come sempre, non lascerà dubbi in merito.

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