lunedì 6 luglio 2009

Honduras. I militari reprimono la folla: 2 morti. Zelaya costretto a far marcia indietro

L'aereo di Zelaya non è riuscito ad atterrare per la militarizzazione dell'aereoporto. I militari reprimono la folla
Alle 17.24 ora locale, 1.24 di lunedì in Italia, l'aereo arriva sopra l'aereoporto, cercando di atterrare. Ad accoglierlo una folla urlante e tanti camion militari che vanno occupando la pista d'atterraggio. Due di questi si sistemano in mezzo rendendo impossibile la manovra di atterraggio. "E' totalmente impossibile", precisa il pilota dell'aereo di Zelaya in diretta con TeleSur. "Ci minacciano. Dicono che ci mandano contro un'aereo militare - spiega il presidente legittimo dall'aereo - Ci stanno ostacolando. Ora ci riuniremo con l'Osa per vedere come comportarci". "Se potessi mi butterei dall'aereo. Non possiamo davvero atterrare", ribatte Zelaya. "E' una barbarie quello che è successo contro la mia gente. Un gruppo armato che assalta il paese. Onu o altri devono intervenire. E' un movimento golpista senza componente sociale. E' un elite che persegue il suo interesse con le armi. Va repressa". "Il governo più forte, ossia gli Usa, potranno convivere con un golpista? Obama non può permetterlo. Sono un gruppo di mafiosi. Vogliono appropriarsi della ricchezza nazionale. Mi appello agli Usa che prendano misure immediate contro questo governo. Barbarie e terrore, ecco cosa sta accadendo. Dobbiamo pianificare nei giorni che vengono il mio ritorno in Honduras. Il popolo honduregno è capace di giudicare e si ribellerà contro un governo golpista, come sta già facendo. Questi golpisti lo manterranno nella miseria, senza permettergli partecipazione cittadina. Mi appello all'Oea". Questo il discorso di Zelaya, mentre il suo aereo fa marcia indietro verso El Salvador.

Poche ore prima, intanto, dopo aver lasciato passare la massa di decine di migliaia di manifestanti in attesa dell'atterraggio dell'aereo venezuelano che riportava a casa il presidente legittimo Manuel Zelaya, i militarireprimono violentemente con lancio di gas lacrimogeni e manganelli. Non solo, iniziano a sparare all'impazzata sulla folla. TeleSur denuncia due morti. Sono le 16.30 circa di domenica, mezzanotte e mezza in Italia.

"Hanno ingannato tutto l'Honduras. Ci hanno lasciati passare per poi reprimerci con gas, bombe e spari. Ci sono due morti e molti feriti. E' stata un'imboscata", denunciano in diretta i manifestanti ai microfoni di TeleSur. La sitauzione è tesissima. La gente urla e cerca di scappare. Sparano anche contro i giornalisti che sono costretti a fuggire mentre sono in collegamento in diretta con la Tv sudamericana. Tutto sembra pianificato. La violenza è iniziata mentre l'aereo sta entrando nello spazio aereo honduregno.

Zelaya, avvertito mentre ancora si trova in volo su Tegucigalpa denuncia che si tratta di una tremenda ingiustizia: "E' un'ingratitudine penosa quella dell'esercito di reprimere una manifestazione pacifica. Le forze armate non devono reprimere nessuno e devono obbedire solo a me. Sento ogni momento di più la necessità di arrivare per stare al fianco del popolo per fermare questo abuso terribile. Voglio arrivare per fermare la repressione in nome di dio, del popolo e dei cambiamenti che l'Honduras necessita per fermare le diseguaglianze storiche del paese. A me nessuno mi minaccia perché vado pacificamente a dialogare come presidente degli honduregni". E ancora: Che il generale Vasquez ritiri le sue truppe in nome di dio non massacri il popolo. Non rovini il paese e non rovini la sua vita. Il popolo è in strada è nessun paese al mondo vi riconosce".

Ai microfoni di TeleSur la gente urla, racconta, ancora concitata. Un giovane uomo, ansimante, grida: "L'esercito ha massacrato un ragazzo di sedici anni. Lo ha massacrato, sparandogli in testa". E ancora frasi sconnesse, e una voce su tutti: "Ambulanza, ambulanza". E ancora: "Assassini. Dittatore", riferendosi ai golpisti e al presidente di fatto Micheletti.

La pista su cui deve atterrare l'aereo che riporta Manuel Zelaya in patria non è delle migliori. La suspance è pregna di tensione. Continua la diretta di TeleSur. La corrispondente fa una telecronaca precisa. Sull'aereo venezuelano che trasporta il presidente legittimo c'è una squadra di diplomatici, e solo un addetto alla sicurezza, perché Zelaya ha ribadito andare in pace e in missione di dialogo. Ma intanto all'aereoporto è schierato un contingente notevole, che reprime la folla e che aspetta l'aereo con i fucili puntati, corpi a terra.

Da un lato decine di migliaia di persone disarmate che aspettano, resistendo alla repressione, e dall'altro agenti delle forze di sicurezza armati fino ai denti.
E mentre accade tutto questo, il resto del Paese viene tenuto all'oscuro. Su radio e televisioni sono in programma tutt'altro tipo di programmi e di informazioni. Il presidente di fatto ha provveduto da subito a oscurare l'informazione, cercando di tenere all'oscuro la gente sulla reale natura del suo ruolo e di chi lo manovra.

Mentre si attende l'arrivo da un momento all'altro del presidente democraticamente eletto, l'esercito che ha militarizzato l'aereoporto internazionale dell'Honduras spedisce in volo elicotteri che sorvolano la zona. L'intento è impedire all'aereo di atterrare "Venga chi venga" ha ribadito il governo golpista. E così è stato.

Stella Spinelli
www.peacereporter.net

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