mercoledì 26 agosto 2009

La crisi frena gli aiuti umanitari - da La Repubblica

Diminuiscono nettamente le donazioni alle organizzazioni non governative
Ma dalla Val d'Aosta vengono proposte, come i titoli destinati all'aiuto del prossimo
E si propongono i "titoli solidali"

EUGENIO OCCORSIO

COURMAYEUR - Donazioni e contributi di solidarietà in frenata: la crisi economica sta facendo sentire i suoi effetti sul delicatissimo "terzo settore" e così rischiano di incepparsi progetti umanitari, di tutela delle minoranze, di ricerca scientifica che hanno assolutamente bisogno di questo tipo di entrate.

L'allarme lo lancia l'Istituto italiano di donazione, un organismo privato di controllo e consulenza che certifica l'effettivo utilizzo ai fini statutari delle donazioni. Sono 106 le Ong iscritte all'Istituto, dall'Associazione per la ricerca sul cancro (Airc) a quella delle leucemie (Ail), dalla Fondazione ambrosiana per la vita al Pontificio istituto per le missioni estere, e ancora dall'Amref all'Intersos che coordinano i medici in Africa.

"L'adesione al nostro istituto è volontaria - spiega il presidente Maria Guidotti - ed è una garanzia per il corretto e trasparente utilizzo delle donazioni. Abbiamo rilevato che nel primo semestre del 2009 il 34% delle organizzazioni a noi aderenti registra un flusso di donazioni inferiore sia all'anno precedente che alle aspettative. E' un dato preoccupante: all'inizio dell'anno solo il 22% delle organizzazioni si aspettava un 2009 in calo".

Questa specie di Moody's del volontariato il prossimo 15 settembre presenterà i suoi dati al Cnel, ma li ha anticipato nel corso dell'iniziativa "Valle d'Aosta Solidale" appena conclusa a Courmayeur: cinque giorni di dibattiti e riflessioni sul tema della solidarietà e delle donazioni volute dal Consiglio di una regione che ha una lunga storia di volontariato e di assistenza ai bisognosi.

"Il 2008, per il quale abbiamo dati certi rilevati dai bilanci, era andato meglio per il 40% e peggio per il 28% delle organizzazioni, inalterato per il 32%", spiega Guidotti. Ora per il 2009 le aspettative si fanno fosche, "e tutto ci lascia supporre che il 2010 andrà ancora peggio". A soffrire in particolare saranno le organizzaioni di minori dimensioni, soprattutto nei settori della salute e della cooperazioni internazionale.

Dalle giornate di workshop della Valle d'Aosta sono emerse molte proposte per far fronte all'emergenza-donazioni: l'economista Stefano Zamagni, presidente dell'agenzia per le Onlus, ha annunciato la prossima creazione di una vera e propria Borsa per le iniziative solidali, sulla linea di una recente delibera del Parlamento europeo: "La Banca d'Italia ci ha dato il via libera, e Massimo Capuano, amministratore delegato di Borsa italiana, si è proposto di gestirla.

In pratica, i risparmiatori investendo in determinati titoli sanno che quei fondi verranno utilizzati per iniziative assistenziali. Attenzione: non saranno donazioni ma, proprio perché sarà un vero mercato, quei titoli avranno un valore e potranno essere riscossi in qualsiasi momento sulla base delle quotazioni".

Mario Baccini, anch'egli presente al convegno e presidente del comitato nazionale per il microcredito, ha a sua volta assicurato l'impegno del governo ad andare avanti sulla via dei mini-prestiti rivolti a favorire le iniziative economiche dei soggetti "non bancabili".

Al micro-credito si è anche ispirato il film di Lina Wermuller "Mannaggia alla miseria" che uscirà a Natale ed è stato proiettato in anteprima qui a Courmayeur. Infine i politici presenti (Sergio Chiamparino, Carlo Giovanardi, Bruno Tabacci, Luciano Violante) si sono impegnati a far sì che nel processo del federalismo avviato non manchino specifiche previsioni per le donazioni, il volontariato, l'assistenza.
(25 agosto 2009)

martedì 11 agosto 2009

TRENTAQUATTRESIMA GIORNATA DI RESISTENZA CONTRO IL COLPO DI STATO.

di Oscar Estrada, manifestante.
Traduzione: Francesca D’Emidio

Ieri sera è stato sospeso il coprifuoco nella città di Tegucigalpa, non perché le condizioni del paese siano cambiate, bensì per la pressione dell'impresa privata poichè il costo economico per i commerci notturni è alto e la solidarietà del denaro ha una vita molto breve. Immediatamente le discoteche e i bar si riempirono in quella che sembrava una tregua in mezzo alla lotta, e per un momento le "camiciette bianche" ed i “colorati” hanno condiviso gli stessi tavoli, ma non le stesse conversazioni.
Così mi trovai con quattro giovani professori che mi riconobbero dalle varie barricate ed, allegri, mi obbligarono a sedermi con loro e conversare sulla situazione in questi ultimi giorni alla frontiera. Furono giorni difficili, mi dissero, la gente ha sofferto per arrivare alla frontiera. La persecuzione, l'inseguimento e le violazioni sessuali di donne da parte di elementi dell'esercito sono armi che nuovamente stanno usando contro il paese. Denunce recenti spiegano come, il giorno della repressione di “El Durazno”, i poliziotti introducevano le scalmiere nelle vagine delle donne che catturavano insultandole, chiamandole prostitute, puttane, violando, non solamente la loro integrità che è grande, bensì quella di un paese intero.

Ieri un giovane che era passato a terriotio nicaraguense è stato assassinato con uno sparo nella testa da parte di uno dei franco tiratori che si nascondono in Honduras tra gli alberi puntando ai pellegrini. Ma stiamo vincendo, mi dicevano allegri i giovani del bar; quello che loro, i repressori, non capiscono, è che il movimento non ha una sola testa e non importa a chi ammazzino di noi, non importa se ammazzano Carlos Reyes, Juan Barahona, Mel Zelaya, niente potrà fermare un movimento che è nato anarchico e continuerà ad esserlo.

E è certo che l'Anarchia è una qualità impressionante della resistenza. Per quanto le strutture formali della dirigenza del Fronte di Resistenza che vengono dalla scuola delle organizzazioni popolari gerarchiche dell’Honduras, hanno provato ad assumere la leadership del movimento, ma non ci sono riusciti. Tutti i membri del Fronte si muovono con lo stesso progetto, con lo stesso affanno ed energia, ma non in una stessa direzione specifica e definita. I dirigenti popolari tentano di dare indicazioni che la gente rispetta se vuole, perché in fondo sanno che ognuno farà quello che crede necessario come gruppo, o come persona. Ho notato infinità di volte come la gente sale sul camion con gli altoparlanti e dice quello che pensa deve fare la gente convertendosi, momentaneamente, in un leader in più della resistenza, dopo scende e si perde nel mare di gente che lo riceve con le braccia aperte.

Spontaneamente e senza controllo centrale continua l’occupazione della strada a Silim da parte degli abitanti della zona colpendo principalmente l'imbarco di palma africana di Miguel Facusse. In un tentativo per finire con l’occupazione che dura già da dieci giorni, è stato rilasciato un ordine di cattura contro i leader, ma come non hanno potuto riconoscerli, l'ordine è stato esteso a tutti i 1500 membri della cooperativa. Tutti risposero all'unisono alla polizia: venite ad eseguire l’ordine che qua vi aspettiamo. La polizia non osa entrare e l’occupazione continua.

Continua anche l’occupazione nell’area occidentale, nelle strade che portano alle frontiere con il Guatemala ed El Salvador. Sono stati arrestati i leader, ma l’occupazione continua. A Comayagua, La Paz, San Pedro Sula, El Progreso, la storia si ripete più o meno ugualmente. Siamo coscienti che i repressori non sanno a quale testa sparare, se lo sapessero l'avrebbero già fatto, e sparano a chi sia, senza capire perchè il giorno dopo c'è più gente, più teste alzate sfidando la dittatura affinché esegua l'ordine di arresto contro il popolo honduregno in resistenza: Qua vi stiamo aspettando. Stamattina è morto il professore Roger Vallejo sparato in testa giovedì scorso. Il sindacato dei maestri ed il paese intero sta nuovamente di lutto. Ma i repressori continuano a sbagliare, perché la gente continua ad uscire per le strade, più unita, più ferrea e sicura della lotta.

Ieri la manifestazione avanzava indignata per le vite che ci strappa la dittatura, dagli altoparlanti gridavano ai commerci di chiudere, che era un ordine del popolo, chiusero, l'ordine fu ubbidito. Nelle pareti che vanno da Miraflores fino al centro si possono vedere le macchie bianche delle campagne organizzate dal Comune di Tegucigalpa per nascondere il grido del popolo, cancellare i grafitis e caricature dei golpisti che tanto offende la morale di una società che si rifiuta di accettare la voce di popolo. Oggi queste pareti si sono svegliate ancora una volta con un'avvertenza molto chiara: o smettono di far tacere le nostre pareti, o faremo in modo che gridino le loro case.

NON PASSERANNO!


Versione originale:

Anoche fue suspendido el toque de queda en la ciudad de Tegucigalpa, no porque las condiciones hayan cambiado en el país, sino porque la empresa privada está presionando para su suspensión, y es que el costo económico para los negocios nocturnos es grande y la solidaridad del dinero tiene una vida muy corta. Inmediatamente los clubes y bares se llenaron en lo que parecía una tregua en medio de la lucha, y por un momento los “camisa blanca” y los coloridos compartieron las mismas mesas, pero no las mismas pláticas.

Así me encontré con cuatro jóvenes profesores que me reconocieron de las distintas barricadas y alegres me obligaron a sentarme junto a ellos y conversar sobre lo que han sido estos últimos días en la frontera. Fueron días difíciles, me dijeron, la gente sufrió camino a la frontera. La persecución, el acoso y las violaciones sexuales de mujeres por parte de elementos del ejército son armas que nuevamente están usando contra el pueblo. Denuncias recientes cuentan como, el día de la represión del Durazno, los policías introducían sus toletes en las vaginas de las mujeres que capturaban insultándolas, llamándolas putas, zorras, violando, no solamente su integridad que es grande, sino la de un pueblo entero.

Ayer un joven que ya había pasado al lado de Nicaragua fue asesinado de un tiro en la cabeza por parte de un francotirador desde Honduras, de los que por montones se esconden entre los arboles a “venadear” a los peregrinos. Pero estamos ganando, me decías alegres los jóvenes del bar, lo que ellos (los represores) no entienden, es que esto no tiene cabeza y no importa a quien de nosotros maten, no importa si matan a Carlos Reyes, Juan Barahona, Mel Zelaya, nada podrá detener un movimiento que nació y seguirá siendo anárquico.

Y es cierto que la Anarquía es una cualidad impresionante de la resistencia. Por más que las estructuras formales de la dirigencia del frente (que vienen de la escuela de las organizaciones populares jerárquicas de Honduras) han intentado liderar el movimiento, no lo han logrado. Todos los frentes se mueven con el mismo proyecto, con el mismo afán y energía, pero no con una dirección específica. La dirigencia trata de dar indicaciones que la gente acata si quiere, porque en el fondo saben que cada quien hará lo que crea necesario como grupo, o como persona. He notado infinidad de veces como cualquiera sube al carro parlante y dice lo que piensa debe hacer la gente convirtiéndose, momentáneamente, en un líder más de la resistencia, luego baja y se pierde en el mar de gente que lo recibe con los brazos abiertos.

Espontáneamente y sin control central continúa tomada la carretera a Silim por parte de los pobladores de la zona afectando principalmente el embarque de palma africana de Miguel Facusse. En un intento por terminar con la toma que tiene ya diez días, han librado orden de captura contra los líderes, pero como no han podido reconocerlos, extendieron la orden para los mil quinientos pobladores de la cooperativa. Todos respondieron al unísono a la policía: vengan y ejecuten esas órdenes, que acá los esperamos. La policía no se atreve a entrar y la toma continua.

Sigue también la toma de occidente, de las carreteras que conducen a las fronteras de Guatemala y El Salvador. Han sido detenidos sus líderes, pero la toma sigue. En Comayagua, en La Paz, en San Pedro Sula, en El Progreso, la historia se repite más o menos igual. Estamos claros que los represores no saben a cual cabeza disparar, si lo supieran ya lo habrían hecho, y disparan a cualquiera sin comprender cómo es que al día siguiente hay más gente, más cabezas alzadas retando a la dictadura para que ejecute la orden de arresto contra el pueblo hondureños en resistencia: Acá los estamos esperando.
Hoy por la madrugada murió el profesor Roger Vallejo a causa del disparo que recibió en la cabeza el pasado jueves. El magisterio y el pueblo entero está de luto nuevamente. Pero los represores se volvieron a equivocar, porque la gente va a seguir saliendo a las calles , más unida, más firme y segura de la lucha.

Ayer la marcha avanzaba indignada por las vidas que nos arrebata la dictadura, los parlantes gritaban a los negocios de cadenas que cerraran, que era una orden del pueblo que cierren y la orden fue obedecida.

En las paredes que bajan desde Miraflores hasta el centro se puede ver el parche blanco de las campañas organizadas por la alcaldía para esconder el grito del pueblo, borrar los grafitis y caricaturas de los golpistas que tanto ofenden a la moral de una sociedad que se niega a aceptar la voz de pueblo, nuevamente hoy amanecieron rayadas con una advertencia muy clara: o dejan de callar nuestras paredes, o haremos que griten sus casas.

¡NO PASARAN!

giovedì 30 luglio 2009

BASI MILITARI USA: IN ECUADOR SI CHIUDONO, IN COLOMBIA SI APRONO

In osservanza alla nuova Costituzione ecuadoriana arriva lo storico momento della chiusura della base statunitense di Manta, la più importante base militare in tutta l’America latina. In risposta in Colombia Álvaro Uribe mette a disposizione delle armi nordamericane le migliori postazioni del paese.

Il giorno 17 luglio un aereo P3 Orione della Marina statunitense ha completato l’ultimo volo operativo atterrando a Manta alla presenza di autorità ecuadoriane e statunitensi. Le operazioni di trasloco cominciate questa settimana si concluderanno il 18 settembre. Dopo di allora nessun militare straniero potrà più operare in territorio ecuadoriano in osservanza alla Costituzione del paese andino che sta disegnando per Manta un futuro che potrebbe essere molto prospero: diventare l’hub dei voli tra l’Asia e l’America latina.

Visto dall’Italia (ma non dalla Maddalena) ricorda il “buttiamo a mare le basi americane” degli anni ’60 per l’uscita dalla NATO con battaglie sempre più minoritarie e romantiche. Le basi, statunitensi e della NATO, da noi invece sono lì per rimanere e con difficoltà si troverebbe oggi in Parlamento un solo parlamentare disposto a chiederne, anche solo in maniera formale, la chiusura, nonostante la presenza di bombe atomiche e di altri obbrobri completamente sottratti alla nostra sovranità popolare.
Visto da un paese povero, dipendente e perfino ancora dollarizzato nell’economia come l’Ecuador, la chiusura della base statunitense di Manta è parola viva, dignità popolare che si fa maggioranza politica, sovranità e precetto costituzionale.
Sbaglia però chi pensa che il “Comando Sud” possa avere problemi di operatività con l’uscita dall’Ecuador. Contestualmente all’abbandono di Manta il governo colombiano di Álvaro Uribe ha messo a disposizione non una ma tre delle migliori basi in territorio colombiano perché questo possa continuare indisturbato a sorvegliare e minacciare l’America latina utilizzando il problema del narcotraffico come scusa per legittimare la penetrazione nella regione.
Molti gli interessi in gioco. Tra Colombia e Stati Uniti è in ballo l’applicazione del Trattato di Libero Commercio, alla entrata in vigore del quale il parlamento statunitense sta facendo resistenza. Inoltre, essendo il paese sudamericano uno dei principali violatori di diritti umani al mondo molti osservatori mettono in dubbio da anni che possa continuare ad essere tra i principali recettori di aiuti militari statunitensi, che invece, con appena qualche titubanza, continuano a giungere in gran numero. Inoltre, se per il governo colombiano, la repentina concessione delle basi, scavalcando il parlamento, sarebbe in osservanza sia della Costituzione che della legge del paese, forti dubbi si elevano dal resto della nazione sulla legittimità dell’accordo.
In ogni caso almeno 800 soldati e 600 contrattisti civili, tutti dotati di completa immunità per qualunque crimine dovessero commettere in territorio colombiano, si sistemeranno in tre basi al Nord, al Centro e al sud-ovest della Colombia (rispettivamente Malambo, Palanquero e Apiay). Su altre due basi, Tolemaida e Larandía l’accordo non dovrebbe tardare e il tutto rafforza la presenza militare statunitense che conta con megabasi in tutto il paese a partire da quella di Tres Esquinas nel Caquetá, una regione al centro-sud del paese strategica per il controllo di Ecuador, Perù e Amazzonia brasiliana.

fonte:latinoamerica

ISA e comunidades quilombolas realizam II Feira de Troca de sementes e mudas tradicionais

Nem a chuva, nem o frio conseguiram impedir a II Feira de trocas de sementes e mudas tradicionais das comunidades quilombolas do Vale do Ribeira. A Feira aconteceu em Eldorado, no último dia 11 de julho, no salão paroquial da cidade. O objetivo foi incentivar a troca de sementes e mudas e a comercialização de produtos tradicionais.

Participaram da feira 15 comunidades dos municípios de Eldorado, Cananéia, Iporanga, Itaóca e Barra do Turvo. Assim, não só o número de comunidades participantes foi superior ao do ano passado, mas se ampliou também a área de abrangência geográfica da Feira.

Considerando as variedades de sementes e mudas levadas por cada grupo, se chega ao relevante número de 200, que testemunha a grande diversidade presente nas comunidades do Vale do Ribeira, tanto de espécies quanto de intra-específicas - só de feijão, por exemplo, havia mais de 15 variedades diferentes. A oferta de produtos para a comercialização foi bem mais significativa do que em 2008, quer em quantidade, quer em diversificação: estavam a venda mais de 20 tipos de produtos. Infelizmente, a realização da Feira em um local fechado, devido à chuva, diminuiu as possibilidades de saída, que, de qualquer forma, foi razoável.


A Feira contou com a colaboração direta de vários parceiros: a Fundação Instituto de Terras do Estado de São Paulo (Itesp), a Equipe de Articulação e Assessoria das Comunidades Negras (Eaacone) e Movimento per l’Autosviluppo, l’Interscambio e la Solidarietà (M.A.I.S.). Também apoiaram financeiramente a Feira a Organização Não-Governamental(ONG) Ajuda da Igreja da Noruega e o Ministério dos Assuntos Exteriores da Itália; a Fundação Florestal envolveu algumas comunidades das Reservas de Desenvolvimento Sustentável(RDSs) Quilombolas na Feira; o projeto Mercado Paulista Solidário apoiou mediante a cessão das barracas; o Ministério do Desenvolvimento Agrário (MDA) participou com a documentação em vídeo e a Prefeitura de Eldorado com o som.

O grande destaque da Feira foi o almoço promovido no evento, preparado com os produtos oferecidos pelas comunidades. O cardápio, elaborado por Monica Panetta, sócia do Convivium Slow Food de São Paulo, foi realizado pelas cozinheiras Nautica, Maria, Eva, Isaltina e Olinda. No almoço havia canja cremosa com pés e pescoço de galinha caipira, cozido de frango com legumes (chuchu, abóbora, inhame e banana-da-terra), arroz descascado no pilão, feijão mulatinho, farofa de ostra, saladas de rúcula e alface e torta de banana integral, suco de limão-cravo com gengibre e abacaxi com hortelã. Muito apreciado foi também o café-da-manhã, com bolo de milho e de amendoim, beijus de mandioca, cuscuz de arroz e de mandioca, mel e açúcar mascavo, carás, batata-doce e inhame.


Paralelamente à feira aconteceram apresentações culturais, entre as quais a dança do fandango da comunidade de Morro Seco, as cantigas das comunidades de Ivaporunduva e Bombas e a dança das crianças de Pedro Cubas.


A Feira foi prestigiada por várias visitas. Entre elas, a de uma delegação articulada pela organização Rede de Intercâmbio de Tecnologias Alternativas (Rede), de Minas Gerais, composta por agricultores rurais e urbanos, e um grupo de sócios do Convivium do Slow Food em São Paulo, com chefes de cozinha, expertos de gastronomia e nutricionistas. Também visitaram a Feira a delegada do MDA, Maria Judith Gomes, o representante local do Itesp, Pedro Lima, e o representante no Brasil da ONG Rete di Tecnici(Rete), Furio Massolino.

Ao final do evento foi realizada uma discussão em grupos com os participantes para avaliação da feira, encaminhamentos e sugestões. Os principais aspectos levantados foram: que deve ser ampliada para mais comunidades da região, que devem ser estabelecidas parcerias com as prefeituras locais para apoio aos feirantes, que a feira está proporcionando aumento no plantio de roças feito nas comunidades, e que é um importante meio de comercialização e divulgação da cultura quilombola.

O compromisso das comunidades quilombolas com a conservação e valorização das sementes e mudas tradicionais foi claramente reafirmado em todos os seus aspectos da Feira: do ponto de vista técnico, como algo de mais adaptado ao clima e às condições tecnológicas das comunidades; do ponto de vista econômico, com a valorização dos produtos locais, especialmente na culinária; e do ponto de vista político, promovendo a independência e segurança alimentar, afirmando o direito das comunidades de produzir, usar, melhorar, trocar e comercializar sementes livremente.

Por outro lado, os agricultores das comunidades poderão conservar e reproduzir essa grande riqueza representada pela agrobiodiversidade só se foram garantidas as condições para fazerem isso. Neste sentido, é fonte de grande preocupação a demora dos órgãos públicos no encaminhamento da questão do licenciamento para a abertura de roças para cultivo, matéria que necessita urgentemente de uma definição clara, consensual e estratégica.

FONTE: http://www.socioambiental.org

lunedì 27 luglio 2009

Più soldati, meno cooperazione

Calano i fondi per i programmi di aiuto allo sviluppo. Un trend globale denunciato dalle Nazioni unite in un rapporto pubblicato martedì, che in Italia trova conferma nell’approfondita analisi realizzata da Intersos e dalle altre organizzazioni che compongono Link 2007, la rete di Ong italiane attive nelle aree di crisi. Un calo che nel nostro paese ha conseguenze non solo quantitative, ma anche qualitative.
Si assiste infatti a una crescente «militarizzazione» delle attività di cooperazione. Questo mentre si aspetta il via libera del Senato alla proposta di 4 mesi della partecipazione italiana alle missioni internazionali, già approvata giovedì dalle Commissioni riunite Difesa ed Esteri della Camera. Nel quadriennio 2006-2009 lo Stato ha speso 4346 milioni di euro per finanziare il personale militare impegnato nelle missioni all’estero.
Alle attività di cooperazione allo sviluppo sono andati invece 2406 milioni. Ma è la differenza tra i fondi stanziati nel 2008 e quelli previsti per il 2009 a evidenziare la scelta del nostro paese. Per il 2009 alla cooperazione andranno 411 milioni di euro, la metà rispetto agli 826 milioni stanziati nel 2008. Le spese per le missioni militari vedono invece aumentare i finanziamenti che passano dai 1030 milioni del 2008 ai 1400 milioni di quest’anno.
L’Italia si attesterebbe al quindicesimo posto tra i paesi dell’Unione europea per gli aiuti allo sviluppo, ma terza per le truppe schierate nelle missioni all’estero, preceduta solo da Regno unito e Francia.
Un fenomeno che non riguarda solo l’Italia. L’Onu ha incassato meno della metà dei 9,5 miliardi di dollari che sarebbero serviti per finanziare progetti di aiuto nelle aree di crisi. All’appello mancano ancora 4,8 miliardi di dollari. Difficoltà economiche alle quali si aggiunge un aumento delle persone bisognose di aiuto, passate dai 28 milioni dell’anno scorso ai 44 milioni del 2009. Uno stato d’emergenza dovuto alla crisi economica che ha aggravato situazioni già precarie: dalla Repubblica Democratica del Congo, al Sudan; dal Pakistan all’Afghanistan, paese quest’ultimo sul quale l’attenzione è sempre alta.
L’Onu denuncia la mancanza del 32% dei fondi destinati ai progetti del Humanitarian Action Plan (HAP) in Afghanistan. La stima di 604 milioni prevista a febbraio per finanziare l’HAP è salita a 666 milioni, ma ad oggi sono stati donati 452 milioni e di questi solo 4,1 sono andati alle organizzazioni non governative. «Le Ong sono attori critici in Afghanistan» spiega Laurent Sailard, direttore della rete di Ong ACBAR, preoccupato per le ripercussioni che la mancanza di fondi potrà avere sui progetti in corso.
Preoccupazioni condivise in Italia da Link 2007. Le proiezioni per i fondi 2009 destinati alla missione in Afghanistan prevedono infatti 65,3 milioni di euro per la cooperazione allo sviluppo contro i 455 milioni che l’Italia impiegherà per finanziare la missione militare.
Ad essere sotto accusa non è la missione in quanto tale, per altro legittimata dall’Onu, ma «le crescenti ambiguità e confusioni tra l’azione civile e quella militare e i tentativi di quest’ultima di sostituirsi subdolamente e strumentalmente alla prima». Una confusione tale che ad Herat, sede del commando italiano in Afghanistan, “cooperazione italiana” è sinonimo delle attività dei militari nei team di ricostruzione della Nato, mentre vengono dimenticate le realtà civili che puntano ai bisogni della popolazione e ai processi di ricostruzione anche sociale del paese.

fonte:Andrea Pira, Il Manifesto

mercoledì 15 luglio 2009

"Le vie dell'Amicizia", Riccardo Muti in concerto a Sarajevo: I colori della moda e l’armonia della musica per sviluppare il dialogo


Si è svolta lunedì 13, all'Olympic Hall Zetra di Sarajevo, la tredicesima edizione "Le vie dell'Amicizia", i viaggi musicali del Ravenna Festival che dal 1997 portano messaggi di pace e fratellanza tra i popoli del Mediterraneo. Dopo tredici anni, il “viaggio” musicale è tornato a Sarajevo, la città da cui il progetto prese avvio e dove ancora una volta il Maestro Riccardo Muti ha diretto l'orchestra e il coro del Maggio Musicale Fiorentino in un concerto trasmesso da RAI Uno con commenti e interviste a cura di Bruno Vespa.

Alla serata sono stati indossati anche i 16 abiti di alta moda della collezione creata da “Etno Radionica – Etno Laboratorio“, atelier di produzione di moda ispirata a modelli tradizionali bosniaci, creata dall'associazione “Centro per le Donne“ di Breza, nell’ambito di un progetto realizzato da Re.Te e Cesvi "Breza Cooperazione e Sviluppo: Supporto alle iniziative locali per la ricostruzione e lo sviluppo", finanziato dalla Cooperazione Italiana allo Sviluppo in BiH.

Sotto l’attenta guida della stilista Larija Tatar, originaria di Breza, formatasi a Roma e Sarajevo, ora attiva a Zagabria, 39 socie dell'associazione sono state riunite in questo laboratorio di creatività applicata alla moda che ha realizzato la sua prima collezione primavera-estate “Ne klepeci nanulama“ (“non produrre scalpiccio con le nanule”, pantofola tipica, passo tratto da una canto tradizionale bosniaco).

Ogni capo è stato realizzato dalle donne, coinvolte in ogni fase della lavorazione, dall’elaborazione dei modelli al taglio fino alla realizzazione dei capi, decorati con ricami tradizionali e maglierie realizzate completamente a mano.

La collezione, indossata in anteprima in occasione del ricevimento dell'Ambasciata d'Italia a Sarajevo per la Festa della Repubblica il 2 Giugno scorso, e presentata in una sfilata a Breza venerdì scorso, sarà commercializzata principalmente sul mercato bosniaco e il ricavato andrà a sostegno della realizzazione della prossima collezione autunno-inverno e di future attività del Centro per le Donne di Breza.

Questa piccola impresa femminile è una delle attività economiche locali sostenute dal progetto realizzato da Re.Te. e Cesvi per favorire l’occupazione di giovani e donne a Breza - cittadina della Bosnia-Erzegovina a 30 km da Sarajevo - attraverso fondi di microcredito e l’apertura di un Centro di Orientamento al Lavoro. Le attività di sostegno alle donne, legate al Centro per le Donne di Breza, si sono concentrate sul sostegno dell’artigianato femminile, in particolare quello legato alla realizzazione di tessuti e di vestiti, attraverso la fornitura di macchinari e la formazione professionale alle donne.

venerdì 10 luglio 2009

Sicurezza alimentare: un miliardo di persone non può più aspettare. Il G8 accolga la voce dei contadini e dei piccoli agricoltori del sud del mondo.

Roma, 8 luglio 2009. La sicurezza alimentare è di fatto una delle priorità annunciate del G8 che parte oggi a l'Aquila. Ce lo confermano anche le anticipazioni della stampa sulla proposta dell'amministrazione Obama di destinare un fondo pluriennale di 15 miliardi di dollari per combattere la crisi agricola nei Pvs e la volontà di reindirizzare risorse finanziarie dagli aiuti alimentari ad investimenti di lungo periodo, infrastrutture, mitigazione dei rischi.

Aspettiamo ancora di conoscere l'ammontare totale di risorse per la quale i grandi s'impegneranno, ancora evidentemente in fase di negoziato.
La dichiarazione del summit sulla Food Security è infatti attesa per venerdì 10 luglio a chiusura dei lavori, e dovrebbe portare la sigla degli 8 grandi e ancora Brasile, India, Cina, Messico, Sud Africa e Paesi africani.

Ci auguriamo che nel documento si possa trovare traccia delle richieste avanzate dalle piattaforme contadine africane riunitesi a Roma il 15 aprile con l'appoggio della rete ItaliaAfrica*. Quelle richieste sono state consegnate al Ministro delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, Luca Zaia, e, pur con molti limiti, si riflettono nella “Dichiarazione in 13 punti” siglata dal G8 agricolo di aprile a Cison di Valmarino (Tv) a cui lo stesso Ministro Zaia ha tenuto a far riferimento alla vigilia del G8.
Nel documento delle 5 reti regionali africane si chiede un nuovo modo di amministrare l'agricoltura a livello planetario. Si avanzano proposte in merito alle politiche agricole e commerciali per il sostegno dell'agricoltura familiare e dei mercati agricoli locali e regionali ma anche per il finanziamento e la governance mondiale dell'agricoltura, demandata al sistema delle Nazioni Unite, laddove ogni paese può avere una sua voce, indipendentemente dal suo peso economico.
Nella proposta Usa il fondo pluriennale dovrebbe essere invece gestito dalla Banca mondiale.
“Il tema della sicurezza alimentare – commenta Giancarlo Malavolti, presidente della federazione Cocis – ci spinge, in un contesto così gravemente compromesso dalle crisi globali, a trovare soluzioni innovative e concrete. E' necessario tenere in grande considerazione soprattutto la voce delle migliaia di contadini e piccoli agricoltori del sud del mondo che, insieme alle organizzazioni della società civile e dei movimenti sociali, da lungo tempo chiedono che i principi della sovranità alimentare siano tradotti in politiche agricole e commerciali di rottura con i vecchi schemi, sacrificando il protagonismo delle multinazionali e accompagnando con risorse finanziarie adeguatamente canalizzate.”
“Ci auguriamo – conclude Malavolti – che la dichiarazione attesa per venerdì 10 luglio non deluda ancora una volta le nostre e le loro aspettative e che tra i grandi della terra si raggiunga un accordo traducibile presto in azioni sostenibili e concrete. C'è un miliardo di persone che, secondo i dati ultimi diffusi dalla FAO sulla fame nel mondo, non può più aspettare"
-------
Allegato: DICHIARAZIONE DELLE RETI CONTADINE (Aprile 2009)
*ItaliaAfrica: rete di ONG, organizzazioni agricole e associazioni, che da anni lavora al loro fianco accompagnandoli nella lotte politiche e di lobbying per la costruzione di politiche agricole sostenibili tanto nel nord come nel sud del mondo. Per info www.europafrica.info

Il Cocis è un coordinamento di 25 Ong impegnate per lo sviluppo equo e sostenibile dei popoli, per la pace e la realizzazione dei diritti fondamentali, per tutti.
Aderiscono al Cocis: ACS, Arcs–Arci Cultura e Sviluppo, Associazione Giovanni Secco Suardo, Centro Studi Pan, Cestas, Cic, Cies, Ciss, Cospe, Cric, Disvi, Gus, Icei, Mais, Medina, N:EA, Nexus, Orlando, Peace Games, RC, Re.Te, Sviluppo 2000, Terra Nuova, Architettura Senza Frontiere, Sai Mai- Il filo di seta. www.cocis.it

giovedì 9 luglio 2009

Nicaragua chiude lo spazio aereo al governo golpista dell'Honduras

Roma, 09-07-2009

La decisione non impedira' al presidente de facto Micheletti di raggiungere Costarica per prendere parte al dialogo con il presidente deposto dal colpo di Stato del 28 giugno Manuel Zelaya, alla ricerca di una soluzione condivisa alla crisi istituzionale che ne e' seguita.


Il Nicaragua ha proibito il passaggio sul proprio spazio aereo ai rappresentanti del governo golpista dell' Honduras che devono raggiungere il Costarica per prendere parte al dialogo con il presidente deposto dal colpo di Stato del 28 giugno Manuel
Zelaya, alla ricerca di una soluzione condivisa alla crisi istituzionale che ne e' seguita.

La decisione non impedira' al presidente de facto Micheletti di raggiungere San Jose', pur rendendo piu' lungo il viaggio e sembra essere una conseguenza diretta della mancata richiesta di autorizzazione da parte degli aerei militari che in occasione del colpo di Stato trasportarono Zelaya in Costarica, dopo averlo di fatto sequestrato nella sua residenza.

Zelaya, in una conferenza stampa organizzata pochi minuti dopo il suo arrivo a San Jose', si e' mostrato molto sicuro, facendosi forte dell'appoggio di Washington (il riferimento diretto e' al segretario di Stato Hillary Clinton), e lanciando quasi un ultimatum ai golpisti: "Spero che nelle 24 ore arrivi una risposta molto chiara dalla controparte, per capire come stanno pianificando la loro uscita di scena".
D'altra parte Micheletti e' sembrato ancor meno possibilita', arrivando a mettere in dubbio la sua presenza: "È stata nominata una commissione che andra' in Costarica - ha spiegato -. Chi saranno i componenti della delegazione lo saprete domani mattina al momento della partenza". Il presidente golpista ha comunque assicurato che: "Honduras prendera' parte al dialogo concordato con le precedenti autorita' del Paese".

fonte: http://www.rainews24.rai.it/it/news.php?newsid=124076

martedì 7 luglio 2009

Honduras, Zelaya: 'Rientrerò presto, ma non dirò quando'

Oggi l'incontro con il Segretario di Stato Usa sulle sanzioni da imporre all'Honduras

Il presidente legittimo dell'Honduras, Manuel Zelaya, ha confermato che andrà negli Stati Uniti per incontrare il Segretario di Stato, Hillary Clinton, e discutere delle sanzioni da imporre al regime honduregno. Lo ha dichiarto ieri da Managua, Nicaragua, aggiugendo "al governo di fatto restano poche ore". Di qui un nuovo appello al popolo a continuare a resistere pacificamente. e l'assicurazione che questa volta non annuncerà la data del rientro.

"Ieri (domenica ndr) assassinarono sparando giovani che stavano manifestando in pace. In Honduras non può perpeturasi né il sistema dei colpi di stato né il ritorno dei militari ai colpi di stato", ha dichiarato Zelaya. "Il crimine che hanno commesso devono pagarlo", ha aggiunto.
E riguardo alle elezioni generali previste per il 29 novembre nel paese, il presidente honduregno ha ribadito che "tutto ciò che il governo golpista farà nei confronti di questo processo elettorale sarà annullato. I loro candidati devono essere molto preoccupati, perché si ritrovano isolati, il mondo non li accompagna". Quindi ha precisato che l'unica sua "colpa" è stata quello di chiedere una quarta urna. "Non ho mai parlato di rielezioni perché questo non esiste in Honduras. Chieso che loro rispettino la voce della gente, perché è la voce che ci può salvare".
Continua intanto la suspance sul rientro di Zelaya nel suo paese. La data, dice, questa volta non verrà rivelata in modo da "evitare il boicottaggio dei golpisti" come invece è avvenuto domenica 5 luglio, quando, mentre la manifestazione di benvenuto al presidente legittimo veniva repressa nel sangue, la pista di atterraggio dell'aereoporto internazionale di Tegucigalpa veniva riempita di mezzi militari per impedire l'atterraggio del volo venezuelano che riportava "Mel" a casa. "Ieri (domenica) ci sono riusciti, logicamente il mio errore è stato avvisarli, e loro hanno potuto bloccarmi, con Esercito, francotiratori e spari contro la gente. Ora non li avviserò", spiegando che tornerà come presidente eletto e per gli honduregni.
Nella riunione di oggi con Hillary Clinton, Zelaya parlerà del compimento delle risoluzioni Onu e Osa "su ciò che impone la Carta democratica per il sistema interamericano, che prevede rispetto per i governo sorti dalla volontà del popolo". Si concentreranno infatti sull'analisi del trattamento da riservare per i regimi non democratici, in modo che fatti come quelli che stanno accadendo in Honduras non si ripetano".
Dal canto suo, anche Roberto Micheletti sta puntando tutto su Hillary Clinton per "fare avanzare il dialogo" nel Paese. "Noi sosteniamo il tentativo della segretaria di stato Clinton per far avanzare il dialogo in questa situazione", ha detto Micheletti alla tv nella serata di ieri. "Spero che la segretaria di stato Clinton confermerà a Zelaya che la democrazia e al sicurezza sono importanti per gli Stati Uniti tanto quanto lo sono per noi", ha detto Micheletti, aggiungendo che Zelaya "deve rendere conto della sua incostituzionalità e di altre azioni.
fonte: www.peacereporter.net

Honduras, più di 800 manifestanti pro Zelaya sono state arrestate

Gli arresti sarebbero stati 771 a Tegucigalpa, 24 a Sabanagrande e 25 a Talanga, comuni vicini alla capitale honduregna. Le autorità di sicurezza del governo di fatto hanno informato che più di 800 persone sarebbero detenute.

Domenica l'esercito golpista ha attaccato violentemente i manifestanti, provocando almeno un morto e 6 feriti. La polizia di Tegucigalpa, la capitale, afferma che i detenuti saranno liberati nelle prossime ore. Un portavoce aggiunge che gli arresti sarebbero stati 771 a Tegucigalpa, 24 a Sabanagrande e 25 a Talanga, comuni vicini alla capitale honduregna, dove domenica più di mille manifestanti si sono ritrovati all'aeroporto per salutare l'arrivo del presidente eletto Manuel Zelaya Rosales. Altre manifestazioni sarebbero in corso in diverse località dell'Honduras per chiedere il rispetto della costituzione. Il sindacalista honduregno Israel Salinas ha dichiarato a fonti locali che la mobilitazione di domenica è stata 'storica': ''Un mare di persone difficile da calcolare, pensiamo che almeno in 300 mila si siano riversati per le strade''. Salinas si è pronunciato contro ''il golpe che attenta contro i diritti umani e costituzionali nel paese'' e ha aggiunto che ''deve esserci dialogo'' tra l'Organizzazione degli stati americani (Oea) e il presidente di fatto Roberto Micheletti in funzione ''però della restituzione della democrazia e del presidente eletto'' Zelaya. Dello stesso parere il dirigente sindacale Erasto Reyes, che ha affermato che ''dopo i fatti di ieri (domenica) dobbiamo continuare la lotta e la resistenza''. Le manifestazioni che sono continuate lunedì sono espressione degli ''otto milioni di honduregni che dicono no al governo militare'', ha continuato Reyes, ''la gente è più informata, allontana la paura e lotta per la costruzione di una vera democrazia, giusta e degna per tutti''. Infine il dirigente si è appellato alla comunità internazionale perché mantenga la fermezza nel ripudiare il governo golpista e ha esortato gli Stati Uniti poiché facciano pressioni per far abbandonare il potere a Micheletti. ''Gli Stati Uniti condannano il golpe però non fanno pressioni. Parliamoci chiaramente, se gli Usa avessero ordinato un ritiro, già lo avrebbero fatto. Gli Usa sono contro il golpe però sospettiamo che potrebbero dare appoggio ai golpisti'' ha concluso Reyes.

fonte: www.peacereporter.net