venerdì 3 agosto 2012

Pace, giustizia e ambiente: Tre parole chiave per avere un mondo migliore.




Mariale-Colette Meffire è il mio nome e vengo dal Camerun, un paese di circa 20 milioni abitanti nell’Africa Centrale. 
Facciamo questa semplice riflessione: circa sette miliardi di persone vivono sulla terra  dalla quale  dipendono per vivere. I contadini coltivano questa terra da tanti anni e danno da mangiare a tutti. Immaginate  un momento se questa terra diventasse  arida: tutti noi moriremmo di fame. E quando c’è la fame c’è l’instabilità politica, economica e sociale nel mondo. E’  anche vero però che quando c’è instabilità e ingiustizia politica, economica e sociale, c’è fame; forse è ancora più vero che il contrario. Pace, giustizia sociale , sicurezza e sovranità alimentare sono legate a filo doppio. Penso sinceramente che non abbiamo bisogno che succeda questa tragedia e dobbiamo veramente proteggere questa preziosa terra madre. Quindi, c’e un collegamento tra pace, giustizia  e ambiente. Se noi vogliamo la pace, abbiamo bisogno della giustizia  e della protezione dell’ambiente.
Viviamo in un contesto molto complesso con la crisi economica mondiale, ma la gente  ha un gran desiderio di sviluppare e aumentare  la propria ricchezza. Ora, il sud e il nord hanno bisogno di lavorare insieme con  trasparenza su diversi aspetti.
Il sud ha il terreno fertile e le risorsi naturali, ma ha bisogno di aiuto finanziario e tecnologico dall’estero per andare avanti. Dall’altra parte, il nord ha un disperato bisogno di questa ricchezza proveniente dal sud per ingrandire i suoi diversi settori. Quindi, dovranno collaborare  e lavorare per gli interessi delle loro popolazioni. Tutti noi siamo convinti che il mondo è diventato un villaggio planetario a causa delle meraviglie  di internet e dell’alta tecnologia. Malgrado questo notevole progresso  , il nostro pianeta rimane ancora diviso in due parti:  i paesi più poveri (la maggioranza in Africa) e quelli più ricchi( In Europa, Stati Uniti e L’Asia). È anche vero però   che ci sono dei  paesi nel sud del mondo che possiamo definire ora come emergenti(il Sud Africa e in America Latina, il Brasile). La domanda è:  quanti sono questi paesi in Africa che sono  riusciti a crescere come alcuni altri  paesi in Asia? Pochissimi!  Una collaborazione onesta e trasparente  tra il Nord ed il Sud del mondo potrà condurre  alla pace, allo sviluppo ma soprattutto alla protezione dell’ambiente che secondo me, rimane lo strumento principale per l’avanzamento economico, sociale, politico e umano.
Il conflitto tra i paesi, le tribù e le persone, ha avuto sempre gravi conseguenze negative su di loro e i sui loro vicini. L’ambiente ha sofferto e continua a soffrire per questo. Quindi, l’utilizzazione dei terreni dovrà essere ripensata. Ovviamente questa collaborazione è auspicabile e le premesse per favorirla potrebbero essere : una maggior collaborazione tra le organizzazioni contadine locali, un maggior ruolo delle istituzioni multinazionali come l’Onu, che sembrano al contrario indebolite negli ultimi anni, e piattaforme di confronti delle grandi organizzazioni regionali come l’UE, il Mercosur, l’Asean.

Il Camerun è un paese nel centro dell’Africa dove si trova  questa disuguaglianza . La maggiore parte della popolazione camerunese dipende dall’agricoltura per vivere ma questo settore  ha difficoltà a svilupparsi  e ovviamente a dar loro  una vita migliore. Ora, la maggioranza dei contadini  usa ancora le zappe e il machete per scavare e coltivare la terra, inoltre devono camminare per tanti chilometri su strada asfaltate per arrivare ai loro campi. Nonostante i loro prodotti naturali facciano  vivere tante persone  la loro situazione economica e sociale rimane  deplorevole. Sapendo che il Camerun è un paese agricolo, il primo presidente Ahmadou Ahidjo ha applicato una riforma agraria all’inizio degli anni ’80, che ha avuto un successo incredibile. Durante il suo regime, gli agricoltori avevano accesso a prestiti bancari con  interessi molto bassi e per tale scopo era stata creata la banca CREDIT AGRICOLE . A l’epoca, il settore agricolo Camerunese aveva  conosciuto un boom e la  produzione dei prodotti: cacao, caffè, cottone, banane, mais, manioca ecc...era cresciuta in modo  considerevole.      

Con quella  riforma gli agricoltori avevano accesso a sovvenzioni statali che aiutavano la produzione su grande scala che  ovviamente, per l’epoca, poteva coprire  tutti i fabbisogni alimentari. L’applicazione della riforma non è stata più possibile dal 1990 con la presa di potere di Paul Biya, che di conseguenza ha costretto  la popolazione a ritornare a coltivare la terra in modo tradizionale.
Ora, il risultato di questa nuova politica agricola è che  al nord del Camerun si soffre la fame. Secondo il Programma alimentare mondiale, centinaia di persone sono ora minacciate dalla  fame,  in questa parte del paese, soprattutto per la mancanza d’una politica duratura sulle filiere agricole. Nel febbraio 2008, il Camerun ha vissuto un momento di grande mobilitazione sociale che ha portato ad una  manifestazione contro la fame, con  circa cento morti e tanti feriti. Per gli osservatori era quasi  una rivoluzione ma  anche un appello al governo per chiedere una nuova riforma agraria.
Purtroppo non solo in Camerun la situazione è precaria. È così anche in tanti altri  paesi Africani dove i governi al potere non hanno un progetto di una moderna  riforma agraria e di agricoltura sostenibile. Anche dov’è c’è un programma agricolo ben definito, la sua  applicazione è disastrosa a causa della corruzione e dell’incompetenza dei lavoratori. Nel 2009,  Il ministro camerunese dell’agricoltura fu accusato d’avere rubato fondi provenienti dell’estero e destinati a finanziare il settore produttivo  del  mais nel sud Camerun. Il Ministero dell’epoca Augustin Federick Kodock  fu  licenziato e poi trascinato in tribunale accusato di  corruzione. Inoltre, la Banca Credit Agricole fallì a causa della corruzione e della  mancanza di trasparenza sulla gestione dei fondi. Come risultato, purtroppo, i contadini camerunesi  continuano ancora ora  a usare  metodi antichi  per coltivare. I disastri  di queste politiche  sono visibili: la guerra, la fame, l’inquinamento dell’ambiente… E quando l’ambiente subisce distruzione , la  pace nel mondo diventa veramente un sogno lontano. 

Volendo portare un esempio, vi posso raccontare di un progetto dell’ONG RE.TE. con cui collaboro. RE.TE ONG è un ONG che opere nel campo della cooperazione internazionale da più de 25 anni. RE.TE è un’associazione non governativa che da anni si occupa di progetti agricoli in Africa, America Latina ed Europa e opera nel campo dell’economia sociale, ma anche in ambito agroecologico e dei servizi, con progetti importanti nei quali la formazione risulta essere un elemento sempre presente. RE.TE promuove i soggetti organizzati del SUD del Mondo mirati a realizzare alternative economiche e politiche, promuovendo il lavoro, l’autoimpiego e le competenze, in particolare di giovani e donne delle periferie urbane e delle aree rurali, e le organizzazioni di base dei piccoli produttori, in uno spirito di solidarietà comunitario.
  Le loro esperienze e conoscenze sui diversi settori hanno contribuito e continuano a portare la crescita e l’armonia alle popolazioni che hanno veramente bisogno. Per me è un esempio di tipo di relazione che dovrebbe esistere tra il Nord e il Sud. Una relazione basata sulla condivisione e lo scambio di conoscenze e ricchezza   con obbiettivo principale, fare crescere un mondo di pace, giustizia e un ambiente sano. Questa esempio e il know-how di RE.TE, li porto alla conferenza internazionale sulla pace e l’ambiente.

Ad esempio, la Bosnia è un paese che ha vissuto molti anni di guerra, che ha lasciato la gente sofferente, senza lavoro e senza istituzioni.
Dal 1995 Re.Te. ha iniziato un progetto in Bosnia per mobilitare gli enti locali attraverso il Tavolo di coordinamento piemontese. A Breza, dove si sono incentrati più progetti, la guerra ha ucciso il 20 per cento della popolazione.
Qui RE.TE ha sostenuto una cooperativa agricola, Behar, aiutandola ad acquisire mezzi di produzione (serre, trattori) e commercializzazione (furgone, banco al mercato) comuni.
In due zone della Bosnia, Usora e Stolac, Re.Te. ha creato un progetto di cooperazione sulla coltivazione della vite e la produzione vinicola di alcune cooperative in collaborazione con il Comune di Caluso. La coltivazione della vite, con l’aiuto di Re.Te., ha permesso di ridare lavoro e possibilità alla gente del posto. Una delegazione del comune di Caluso è andata in visita per condividere le tecniche di coltivazione.
La Bosnia presenta buone potenzialità agricole, ma importa la maggior parte dei prodotti alimentari che consuma dai paesi vicini, dove la produzione è maggiormente sovvenzionata. Prima della guerra, era un’area di industria mineraria e di armamenti, ma oggi è costretta a ripensare la sua identità anche da questo punto di vista. Le cooperative sono strutture che permettono alle persone, con un obiettivo economico comune e a piccoli passi, di accantonare almeno in parte le forti diffidenze reciproche ereditate dalla guerra.
Questa collaborazione è l’esempio di come l’agricoltura possa essere utile a ricostruire la vita delle persone che hanno sofferto una guerra e a portare speranze di pace per il futuro. L’agricoltura permette di generare reddito e di valorizzare i prodotti locali.
Oltre a questo, Re.te. ha lavorato per migliorare i servizi comunali, appoggiare le associazioni di giovani e donne, formare gli insegnanti, offrire opportunità di credito, rifare i sentieri della regione, organizzare scambi internazionali di giovani, e molto altro.



      

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