venerdì 17 agosto 2012

Il Mali in difficoltà

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Prima del colpo di stato in Mali e la caduta di Presidente democraticamente eletto, Amadou Toumani Toure, nel  marzo 2012, il Mali è stato considerato un esempio di democrazia e stabilità in Africa. L’ex leader aveva vinto due volte di seguito le elezioni presidenziali, avvallate dalla comunità internazionale, e aveva in progetto il miglioramento economico e sociale del paese. Nonostante sia uno dei paesi più poveri di mondo, il Mali ha vissuto un notevole sviluppo durante la presidenza di ATT, come era popolarmente conosciuto. Ma gli oppositori politici lo accusavano  di corruzione e inettitudine a risolvere soprattutto i problemi del nord del paese.
Gli esperti economici avevano apprezzato le misure di sviluppo in corso, affermando che il Mali era sulla buona strada verso la prosperità economica. Con la crisi economica mondiale, la crescita del prodotto interno lordo ha visto un calo dal 5,8% nel 2010 al 2,7% nel 2011, secondo la Banca Mondiale. Con i tantissimi progetti in corso e con i finanziamenti e gli aiuti di alcune grandi istituzioni mondiali, la popolazione avrebbero potuto avere l’aspettativa di giorni migliori. Questo sogno di sviluppo e di pace si è volatilizzato a causa della guerra e la divisione in atto tra il nord e il sud. Il sud è sotto il controllo della giunta militare in seguito al colpo di stato di marzo, mentre nel nord alcune frazioni estremiste islamiche stanno dettando legge nelle aree desertiche abitate in maggioranza dai Tuareg, che dopo cicliche ribellioni sono riusciti a rivendicare l’autonomia della regione.
I gruppi ribelli non si sono accordati su come gestire il territorio e la paura è molto diffusa. Una delle controversie riguarda l’applicazione della “sharia”, la legge islamica. Gli estremisti di gruppi  terroristi Ansar Dine e Al Quaida del Magreb Islamico (Aqmi) sono per un’applicazione letterale ed estrema, contro la volontà dei ribelli Tuareg del Movimento Nazionale di Liberazione dell’Azawad (MNLA) che avrebbero voluto promuovere un Islam moderato. Inoltre, questi ultimi, occupando l’Azawad subito dopo il colpo di stato a Bamako, avevano come obiettivo principale la creazione di una nazione Tuareg. Molti Tuareg avevano collaborato come mercenari con l’ex dittatore libico Muammar Khadafi, e dopo la caduta del suo regime sono tornati armati per chiedere la secessione e la formazione d’uno stato Tuareg nel nord. Con l’aiuto logistico dei due gruppi terroristi (Ansar Dine e Al Quaida del Maghreb Islamico), installati in Sahel da anni, i nomadi Tuareg sono riusciti ad occupare il nord dopo feroci battaglie con l'esercito maliano, ma ora l’MNLA ha difficoltà ad imporre i suoi piani. I suoi alleati sono diventati il suo ostacolo maggiore e impediscono l’istituzione di uno stato laico. I rapporti conflittuali tra questi gruppi hanno gravi conseguenze: uccisioni arbitrarie, distruzioni, paura, emigrazione forzata, a cui si aggiungono la fame e la miseria causate dalla prolungata siccità.
La popolazione maliana sta vivendo una triste e dolorosa pagina della sua storia. Una situazione  desolata che sicuramente sta facendo regredire  drasticamente  l’economia di questo paese già molto povero. La comunità internazionale ha descritto la situazione in Mali come tragica e ha chiesto alle differente fazioni in conflitto di dialogare ed accordarsi, ma malgrado la condanna delle Nazioni Unite, l’Unione Africana e  l'ente regionale dell'Africa occidentale, CEDEAO, il Mali rimane diviso e instabile.
La Banca Mondiale, l’African Devolopment Bank, governi ed Ong, prima della crisi, supportavano progetti agricoli, nei trasporti, per la salute e l’istruzione. La maggiore parte delle iniziative, soprattutto nel Centro-nord del paese, sono sospese o rallentati per motivi di sicurezza. Un esempio è il progetto di RE.TE a favore delle filiere orticole nei Paesi Dogon. Con la forte presenza dei ribelli in questa zona, la vita dei cittadini è diventa precaria.
Mentre i cittadini di nord di Mali stanno subendo queste forme di violenza e barbarie, la comunità internazionale moltiplica le riunioni sulla crisi politica maliana e prende decisioni che non applica nessuna parte in conflitto. La CEDEAO aveva deciso d’inviare una forza militare d’intervento di  circa 3.000 persone, ma il governo militare ad interim ha rifiutato il piano perché l’intervento non sarebbe stato limitato al nord del paese. Anche se sembra che ci sia una relativa pace nel sud, non c’è la sicurezza rivendicata dalla giunta militare che ha organizzato il colpo di stato di marzo. L’ex presidente dell'assemblea nazionale che ha assunto il ruolo di presidente ad interim, Dioncounda Traore, è stato aggredito e ferito dentro il  suo ufficio da parte dei sostenitori del colpo di stato, che lo consideravano come un alleato dell’ex Presidente Amadou Toumani Toure.
Con il passare dei giorni la situazione politica, economica e sociale diventa sempre più complessa e problematica. Sul piano politico, il governo centrale è inattivo perché non c’è coesione e fiducia interna. Questa mancanza grave impedisce lo sviluppo economico e sociale e quindi favorisce la miseria, la fame ed il disordine sociale. Il Programma Alimentare Mondiale ha espresso  preoccupazione riguardo allo spostamento in massa di maliani verso i paesi confinanti. Le statistiche delle organizzazioni internazionali come la Commissione delle Nazioni Unite per i Rifugiati e  Amnesty International indicano che circa 100 persone sono morte e tante altre hanno lasciato le proprie case e trovato rifugio nei paesi vicini. L’ufficio delle Nazioni Uniti per il Coordinamento degli Affari Umanitari indica che circa 436.000 persone sono scappate dalla guerra in Mali e sono minacciate dalla fame già segnalata nel Sahel. Inoltre, il colera si diffonde nel nord; ad oggi ci sono circa 12 morti e 147 ammalati.
Un'altra grave preoccupazione è data dall’occupazione progressiva del Sahel da parte dei gruppi islamici radicali. Qualche giorno fa, una coppia accusata di avere avuto relazioni extraconiugali è stata lapidata pubblicamente nel villaggio di Aguelhok, nel nord, malgrado la protesta della popolazione. Ad un uomo accusato del furto di una bicicletta è stata tagliata una mano in un paesino vicino la città di Gao da  parte dei ribelli di Movimento Islamico per l’unicità e la jihad nell’Africa Occidentale. I danni materiali sono grandi: soprattutto la distruzione degli antichi santuari e moschee nella città storica di Timbuctu da parte del gruppo islamico Ansar Dine, che considera questi patrimoni mondiali dell’Unesco come un sacrilegio contro la Sharia, che vieta la venerazione dei santi. Il gruppo islamico del nord della Nigeria BOKO HARAM, responsabile del conflitto interreligioso nell’area di origine, si è installato anche nel nord del Mali. C’è una paura profonda di contaminazione con i paesi vicini, come il Camerun, che ha una grande popolazione musulmana.
Alcuni osservatori politici credono fermamente  che la crisi maliana sia la conseguenza diretta della caduta del regime dell’ex presidente libico. Il popolo Tuareg in Mali ha sempre avuto la simpatia ed il sostegno finanziario di Muhammar Khadafi; fino all’inizio di quest’anno la questione dell’indipendenza non era una priorità. Ucciso Khadafi, i ribelli Tuareg armati sono tornati nel nord del Mali per ricominciare la lotta di liberazione, lasciata anni fa. Approfittando della sconfitta di regime di Khadafi, i gruppi radicali islamici nel Sahel come Al Quaida del Magreb Islamico (Aqmi) hanno conquistato terreno ed ora stanno imponendo le loro legge e procedendo gradualmente ad altri paesi. Mentre i maliani del nord stanno soffrendo nelle mani degli islamisti radicali, il loro governo a Bamako e la comunità internazionale riflettono sulle soluzioni possibili alla crisi maliana; la domande è: chi sarà la prossima vittima di questa aggressione? 

Mariale-Colette MEFFIRE

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