lunedì 11 giugno 2007
da Breza: U VARDISTU
Venerdì 23 marzo 2007
Vardiste si legge pronunciando la s come sc in sciare. Si scriverebbe Vardište, con la “s” col cappellino. “U” introduce lo stato in luogo, e la “u” finale e il caso locativo. Il serbo-croato, o Croato-Serbo, o Bosniaco, oppure serbo, oppure Croato, o ancora Montenegrino si declina. Già di suo é una lingua “infame”, esagerata di consonanti, e ogni volta devi pensare come finirà la parola che non stai riuscendo a pronunciare. Sette casi, anche cinque consonanti di fila.
In ogni caso Vardiste é un villaggetto che vi consiglio, perso in fondo alle colline intorno a Breza. Accompagna vecchie stalle e fienili di architettura tradizionale a bruttarelle case appena costruite o, peggio, appena ristrutturate: l’edilizia privata in Bosnia è peggio, che in Brianza. Rimane comunque luogo ameno: campagna, agnellini che saltellano, camini fumanti, boschi e colline. Oltre a questo alcune donne ci stanno avviando una cooperativa di accoglienza turistica. Aiutate da prestiti del microcredito hanno ristrutturato alcuni spazi delle loro case per accogliere turisti. Ora Jozo, personaggio di cui si é parlato, tiene un breve corso di introduzione al turismo “village life”. Noi andiamo in visita pastorale alle prime lezioni. Sorridiamo, beviamo caffé, approfittiamo di un dolcetto fatto in casa.
Seguire una lezione in Bosniaco, per quanto parlato chiaramente e con proprietà di linguaggio, non é impresa facile. Per capire (quattro anni di studio ma non sono molto portato) devo rimanere concentratissimo e non perdere una parola. Appena mi distraggo un attimo devo riprendere faticosamente il filo del discorso. Non mi é proponibile perdurare due ore di lezione, per di più alle tre del pomeriggio. Inizio a turbinare di pensieri, a osservare minuziosamente la stanza, ammetto di abbioccarmi un attimo, mi riprendo adrenalinico quando dalla finestra vedo fioccare. La neve, la neve ... per noi che a Natale vogliamo la neve un anno decisamente deludente, frustrante se si somma la passione per la montagna. C’é un bambino che si risveglia dentro quando fiocca di quei fiocchi, grandi, vaporosi, lenti ma inesorabili. Verrebbe voglia di correre fuori, saltare, sorridere della neve che copre veloce il cappotto e pestare le macchie bianche che si allargano in terra. Le colline in fondo si imbiancano, il bianco sfuma sugli alberi spogli. A scendere in macchina fa un pò paura, Jozo va a passo d’uomo. Le strade sulle colline son sporche, e di un asfalto viscido.
A Breza é già pioggia, e il mio entusiasmo finisce. Ci spariamo due kifle (una specie di pane morbido molto salato) e ci infiliamo al Desnek. Internet e cazzeggio. E’ pieno di ragazzi e star con loro significa anche chiacchierare, prendersi in giro, sfidarsi alla play, bere un caffé. Dentro c’é la solita cortina di fumo. Lotteremo per vietare il fumo, visto che ci sono anche bambini. Ogni cosa a suo tempo. Edin, ragazzone diciottenne ben rasato, ingellato e con felpina trendy, scopre la webcam e le foto deformate: ne fa 115. Un’ora a spaccarsi dal ridere col suo amico metallaro. Riesco a farlo smettere e a guadagnare l’uscita. Mi avvio con Lisa verso casa. Soliti 20 minuti a piedi. Fa umido e freschino. Nevicherà? Mi sveglio al mattino seguente. Mentre faccio distrattamente il caffé (alla turca ovviamente) vedo fuori dalla finestra i tetti imbiancati.
Silvestro e Lisa
http://www.cooperativaisola.org/blog2006/
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