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martedì 4 ottobre 2011

APPELLO ALLE ORGANIZZAZIONI: FIRMATE L’APPELLO DI DAKAR CONTRO L’ACCAPARRAMENTO DELLE TERRE!

Durante il Forum Sociale Mondiale di Dakar, in Senegal, nel febbraio 2011, diversi movimenti sociali, organizzazioni di piccoli produttori e altre organizzazioni della società civile hanno pubblicato un appello collettivo contro l’accaparramento delle terre. Più di 650 organizzazioni lo hanno già firmato. Se la vostra organizzazione non lo ha ancora fatto ma ne ha l’intenzione, è necessario che lo firmi prima del 7 ottobre 2011.

Il comitato per la sicurezza alimentare mondiale, che ha sede a Roma presso l’Organizzazione Mondiale dell’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO), sta negoziando delle Direttive volontarie sulla governance responsabile del regime fondiario delle terre, della pesca e delle foreste. Questa direttiva dovrebbe proteggere e rafforzare l’accesso alla terra, alla pesca ed alle foreste da parte dei piccoli agricoltori e dei produttori di alimenti. Purtroppo, alcuni governi, con il sostegno delle istituzioni finanziarie, esitano ad adottare delle direttive efficaci. Questi stessi governi, preferiscono piuttosto sostenere una governance delle risorse alimentari che faciliti la presa di possesso delle risorse delle popolazioni da parte degli investitori privati, delle grandi aziende e di altri attori potenti.

I contadini colpiti dall’accaparramento delle terre consegneranno ai governi l’appello di Dakar, con i nomi delle organizzazioni che lo sostengono, nel corso dei negoziati sulle Direttive che si svolgeranno a Roma dal 10 al 14 ottobre.

Questa mobilitazione, inoltre, dovrebbe contribuire a fare pressione sui governi per indurli a respingere definitivamente i “Principi per gli Investimenti agricoli Responsabili (RAI)” promossi dalla Banca Mondiale.

Bisogna fermare l’accaparramento delle terre, non renderlo “responsabile”!

Leggete e firmare la petizione sul sito http://www.dakarappeal.org

giovedì 28 maggio 2009

Africa, allarme Onu: Terre cedute gratis ai paesi ricchi

da --IL VELINO COOPERAZIONE--


Roma - “Land Grab or development opportunity?”, ovvero terra rubata o opportunità di sviluppo? È la domanda che si pone un rapporto redatto dalle due agenzie delle Nazioni Unite che si occupano di Agricoltura, Fao e Ifad, e l’Istituto Internazionale per l’ambiente e lo sviluppo, think thank con sede a Londra. Lo studio riguarda i paesi africani ed è stato anticipato oggi dal giornale inglese Financial Times. “I Paesi africani – si legge sull’Ft - stanno cedendo ampie fette dei loro terreni agricoli quasi gratuitamente ad altri stati o a investitori, avendo in cambio solo vaghe promesse su posti di lavoro e infrastrutture”. La gran parte degli accordi terrieri presi in esame da questo studio non prevede alcuna paga o una provvigione minima. Gli accordi prevedono la creazione di posti di lavoro e lo sviluppo di infrastrutture, ma gli impegni – viene fatto notare - mancano di forza. Punti decisivi come "il rafforzamento del meccanismo di controllo o il rispetto di quanto promesso dagli investitori" su posti di lavoro e infrastrutture, o "il rispetto delle esigenze di sicurezza alimentare vengono affrontati in maniera vaga se non completamente ignorate". Lo studio dell’Onu rappresenta il primo vero rapporto sul cosiddetto “farmland grab”, ovvero la crescente tendenza di paesi ricchi come Arabia Saudita e Sud Corea a garantirsi i diritti di sfruttamento delle terre agricole del continente africano, perché preoccupati per la loro sicurezza alimentare. Alcuni critici come il direttore generale della Fao Jacques Diouf – si legge ancora sul Finantial Times – hanno messo in guardia sul rischio di un “neo–colonialismo”, altri sostengono che gli investimenti possano favorire lo sviluppo dell’Africa.

Lo studio delle Nazioni unite evidenzia inoltre come “virtualmente tutti i contratti terrieri sono estremamente brevi e semplici se paragonati alla realtà economica della transazione”. I casi studiati sono stati quelli di Etiopia, Ghana, Mali, Madagascar e Sudan. È stato evidenziato come negli ultimi cinque anni “gli investimenti senza copertura sono stati pari a 2,5 m di ettari di terreno, vale a dire metà della superficie coltivabile del Regno Unito. Nel rapporto si parla anche di un crescente rischio che le popolazioni povere possano perdere accesso ai terreni e all’acqua. Con queste premesse viene denunciata la possibile perdita di terra per un alto numero di persone. Uno degli autori del rapporto, Lorenzo Cotula, sostiene che nuove ricerche indicano che gli accordi terrieri potrebbero essere “strutturati molto meglio”, e in particolare si propone di mettere i paesi africani nelle condizioni di negoziare. (rog)

mercoledì 2 aprile 2008

L'ACQUA E' UN BENE DI TUTTI

SPERIAMO CHE NON SIA SOLO PROPAGANDA ELETTORALE!!!

Veltroni scrive a Padre Zanotelli
Caro Alex,
nella tua lettera ricordi la visita che ti feci, ormai quasi dieci anni fa, a Korogocho. Ricordi le parole e gli sguardi che ci siamo scambiati e l’impegno che presi con te, ma soprattutto con me stesso: non dimenticare. E come avrei potuto dimenticarmi dell’immane sofferenza che mi hai aiutato a toccare con mano? Come tu ben sai, perché altre volte ci siamo incontrati in questi anni, da quel momento, da quel primo viaggio, ho portato la mia allora breve ma intensa esperienza nel continente africano al centro del mio impegno politico.
Da Sindaco, nei sette bellissimi anni in cui ho amministrato Roma, credo di aver fatto sì che la città sia stata, e sia considerata, un punto di riferimento per coloro che hanno a cuore le sorti dell’Africa e dei popoli poveri del mondo. La lotta alla povertà e alla fame è divenuto uno dei principali tratti dell’identità di Roma, del suo concreto modo di essere e di agire. E questo impegno è stato riconosciuto non solo dalle altre città e dalla Campagna per gli Obiettivi del Millennio, ma anche dalle tante associazioni di volontariato e di cooperazione, dai tanti volontari laici e cattolici che animano, per fortuna, la società civile romana. In Africa abbiamo portato centinaia di ragazzi delle scuole romane ad inaugurare scuole e pozzi d’acqua costruiti con i fondi da loro raccolti. Li abbiamo portati dove tu mi hai mostrato l’abisso della povertà, nelle discariche, per rendersi conto di come ragazzi come loro sono costretti a vivere. A tentare di farlo.
E come ho portato nella mia esperienza di Sindaco l’urgenza di richiamare l’attenzione della politica italiana sul dramma della povertà nel mondo, così oggi, caro Alex, da segretario del Partito democratico considero
questo impegno la priorità del nostro Paese nel mondo.
L’ho ribadito anche lo scorso 16 febbraio, quando ho presentato il programma del Partito democratico per il futuro dell’Italia e ho detto – cito quasi testualmente – che faremmo un torto alla nostra civiltà, oltre che al futuro stesso dell’umanità, se non assumessimo in modo più stringente e vincolante su di noi il compito, il dovere, di lottare contro la povertà e la fame e per il raggiungimento degli altri Obiettivi di Sviluppo del Millennio. Ripeto ancora ciò che dissi quel giorno: non è più solo una questione di risorse da destinare agli aiuti allo sviluppo, anche se fa male constatare che l’Italia è ferma allo 0,20 per cento del Pil, e che solo Grecia e Stati Uniti fanno meno di noi; è anche una questione di qualità e di efficacia, di come gli aiuti vengono impiegati, ed è anche per questo nella prossima legislatura dovremo provvedere una sollecita approvazione della legge di riforma della cooperazione.
E’ un impegno che dobbiamo a quei milioni di italiani – volontari, missionari, associazioni, Ong – che si spendono per migliorare le condizioni di vita nei paesi in via di sviluppo. E’ un impegno che ribadisco volentieri direttamente con te, ascoltando il tuo appello in occasione della giornata mondiale dell’acqua. L’acqua è un bene comune fondamentale il cui accesso, come anche la qualità, devono essere garantiti a tutti. In molte, troppe aree del mondo, questo significa una politica pubblica di costruzione delle infrastrutture che portino l’acqua a tutta la popolazione. In Europa, nei nostri Paesi, significa garantire a tutti un servizio di qualità, che risponda a standard precisi. Questa è la vera condizione irrinunciabile, ed è una condizione che può essere garantita solo da aziende di gestione che siano vere aziende industriali. Solo aziende industriali, che possono poi avere un assetto proprietario pubblico o privato o misto, sono realmente capaci di raggiungere sufficienti economie di scala o di scopo. Solo così potranno essere garantiti a tutti servizi pubblici al massimo livello della qualità, al minimo costo di produzione e con la più ampia trasparenza dei meccanismi di determinazione delle tariffe. Non ovunque ci sono le stesse domande, e non ovunque, per fortuna, esse hanno la stessa drammaticità. Ma quel che deve valere per tutti, nei paesi più poveri come nel ricco Occidente, è il diritto all’accesso e alla qualità dell’acqua.
Walter Veltroni