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lunedì 18 febbraio 2013

Mali. Cronistoria di un anno a Bamako.




Venerdì primo febbraio, all’Ecomuseo di Regio Parco RE.TE., si è svolto un incontro per raccontare e spiegare gli eventi dell’ultimo anno  in Mali. La serata, moderata dalla Presidente di RE.TE, Cinzia Messineo, ha visto l’intervento di Alberto Fascetto, cooperante in Mali da gennaio 2012 a gennaio 2013, che ha illustrato la storia maliana dell’ultimo anno, tra ribelli e colpi di stato, e Alberto Simoni, giornalista de La Stampa, che ha fatto un’analisi politica dei vari equilibri internazionali in gioco.

Di seguito si riporta un riassunto dell’intervento di Alberto Fascetto.
La sconfinata area del Sahel maliano è il teatro degli scontri che sono iniziati l’anno scorso. Il MNLA (Movimento Nazionale per la liberazione dell’Azawad - il territorio a Nord del Paese che comprende le regioni di Gao, Timbuctu e Kidal, formato inizialmente da Tuareg e successivamente anche da gruppi fondamentalisti islamici) chiede l’indipendenza del nord del Mali, innescando i primi conflitti interni. Le ripercussioni politiche dell’instabilità di quest’area sono immediate:  poche settimane dopo (marzo 2012) Amadou Haya Sanogo, comandante dell’esercito maliano, con un colpo di stato destituisce il Presidente Amadou Toumani Touré e sospende la costituzione, causando il caos tra la popolazione. Nel mese successivo (aprile 2012) la CEDEAO (Comunità economica degli Stati dell'Africa occidentale) impone un embargo economico, finanziario e diplomatico che provocherà effetti catastrofici sull’economia interna: nel giro di pochi giorni scarseggiano beni di prima necessità, carburante e medicinali. Pochi mesi dopo la CEDEAO sospende l’embargo che sta stremando la popolazione maliana.
Ad aprile il MNLA dichiara l’indipendenza dell’AZAWAD, ma ben presto si scinde in due fazioni antagoniste: da un lato i Tuareg, la componente più moderata che chiede l’indipendenza del Nord del Mali , e dall’altro lato i musulmani fondamentalisti Ansar Dine (Difensori della Fede), che si battono per l’applicazione della fede islamica e l’introduzione della sharia. Questi ultimi marciano verso Timbuctu, occupando la città. A giugno le forze ribelli di Ansar Dine si alleano con AQMI (Al-Qaeda nel Maghreb Islamico) e MUJAO (Movimento per l’unicità e il Jihad in Africa Occidentale) e si verificano i primi scontri con il MNLA per il controllo dell’Azawad.Sotto il controllo del capitano Sanogo, nel mese di aprile, vengono nominati il Presidente ad interim Dioucounda Traoré e il Primo Ministro ad interim Cheick Modibo Diarra. Si instaura così il “tricefalismo” della formazione Sanogo-Diarra-Traoré.  I mesi che seguono sono dominati dall’instabilità di governo e dal malcontento della popolazione che sfocia in manifestazioni nella capitale che hanno come obiettivo quello di chiedere che il Mali torni ad essere un Paese “unico e unito”. Tuttavia, non viene garantita la stabilità del Paese: a maggio il Mali vive un tentativo fallimentare di contro-colpo di stato: i “berretti rossi”, l’aviazione maliana, tentano senza successo di rovesciare la struttura governativa orchestrata dai “berretti verdi”, l’esercito di terra del capitano Sanogo.
La situazione umanitaria nel frattempo precipita: il Mali deve affrontare la quinta crisi alimentare in dieci anni. Secondo le stime dell’OCHA, 13 milioni di persone in tutto il Sahel vengono dichiarate in stato di emergenza, di cui 6 milioni in Mali, dove la situazione nell’area settentrionale viene particolarmente acuita dall’impossibilità di ricezione di aiuti internazionali.
In autunno la comunità internazionale inizia ad occuparsi della questione del Mali. Ad ottobre, in occasione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, la delicata questione maliana arriva al Palazzo di Vetro. Il governo maliano si dichiara favorevole ad un eventuale intervento militare sul suo territorio – ipotesi avvallata e prevista anche dalla Risoluzione 2071 (2012) –e la Francia appoggia fin da subito questa ipotesi. Ban Ki-moon inoltre nomina Romano Prodi, unico candidato bianco tra i tre in lizza, “Inviato speciale per il Sahel”. Sul continente africano intanto la CEDEAO mette a punto un possibile “piano strategico” per riunificare il Paese mentre l’Unione europea si dice pronta a sostenere l’esercito maliano nella riconquista del Nord. Anche la diplomazia internazionale inizia il suo operato: l’inviato speciale per il Sahel,  Romano Prodi, e il rappresentante per la politica estera e la sicurezza UE, Catherine Ashton, si recano in visita ad Algeri. L’Algeria, stato confinante del Mali, infatti, ha un enorme peso strategico in una eventuale lotta ai ribelli: è il Paese in cui si sono formati AQMI e Ansar Dine; ha un esercito molto forte e, infine, il Sahel, dove si incastrano i confini netti tracciati a tavolino, è un vasto territorio tutt’altro che definito e difficilmente controllabile che si estende su una porzione gigantesca nel Nord Africa includendo anche buona parte dell’Algeria. Nel frattempo la fazione moderata dell’MNLA abbandona le rivendicazioni indipendentiste richiedendo tuttavia il diritto all’autodeterminazione del territorio settentrionale. 
Nel dicembre 2012 si apre a Ouagadougou la prima finestra di dialogo tra il MNLA e Ansar Dine, Blaise Compaoré, il Presidente del Burkina Faso, e il Governo del Mali. I gruppi secessionisti, tuttavia, non ritrattano le loro rivendicazioni.  Intanto il fragile tricefalismo che governa il Mali si sgretola: il capo del governo, Diarra, viene arrestato dal capitano Sanogo e forzato a dare le dimissioni con un comunicato video trasmesso la notte stessa dall’emittente televisiva maliana ORTM. Viene nominato un nuovo premier: Django Cissoko. Il governo, alle cui redini rimane Sanogo, si apre alle forze del Nord. Traoré nel frattempo chiede l’aiuto della Comunità Internazionale – l’appello è rivolto in particolare alla ex forza coloniale, la Francia. La Risoluzione 2085 (2012) quindi autorizza il dispiegamento di una“African-led International Support Mission in Mali” (AFISMA).
L’anno nuovo si apre con manifestazioni popolari nella capitale a favore di un rapido intervento nel Nord del Paese. Viene dichiarato lo stato di emergenza e tra l’otto e il nove gennaio, in anticipo sui tempi inizialmente concordati (settembre 2013) e iniziano gli scontri tra l’esercito maliano e i gruppi jihadisti Ansar Dine, Mujao, Aqmi e Boko Haram (guppo islamista nigeriano) a Konna, nella regione di Mopti. Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite chiede alla comunità internazionale “un intervento rapido per arrestare il grave deterioramento della situazione sul terreno”. In seguito alla dichiarazione di Hollande, l’11 gennaio arrivano a Sevaré/Mopti due cargo militari mentre i militari francesi arrivano a Bamako. Iniziano così i primi raid aerei francese i quali, tuttavia, si rivelano assai inefficaci e strategicamente errati. A Diabaly, una piccola cittadina vicina al confine mauritano e in territorio controllato dal Governo maliano, ha luogo un attacco inaspettato delle forze jihadiste. Questo forte segnale del potere di infiltrazione dei jihadisti anche in zone considerate “al sud” della linea di separazione con l’AZAWAD fa cambiare strategia operativa al contingente francese che inizia l’attacco via terra.
L’Unione Europea, il Regno Unito, gli Stati Uniti, il Belgio, la Germania, il Canada, l’Italia e la Russia annunciano la loro disponibilità ad assistere le operazioni militari, alcuni direttamente, altri fornendo aiuto logistico o medico. Sul continente africano, invece, Niger, Nigeria, Burkina Faso, Senegal, Togo, Benin e Ciad si accordano sull’invio di soldati. La Mauritania e l’Algeria, due importanti stati limitrofi a maggioranza islamica invece non hanno preso posizione. Il Consiglio di Sicurezza vota a favore dell’intervento in Mali della Francia e grazie a questa risoluzione potranno intervenire circa 2 500 soldati francesi nell’ambito di una missione che resta sotto responsabilità africana. Il contingente dei Paesi CEDEAO, tuttavia, ha fortemente risentito della tempestività dell’intervento che non ha permesso di organizzare in maniera ottimale gli effettivi. L’operazione “Serval” ora è guidata dalla Francia che fornisce supporto aereo e terrestre. La guerra è una guerra assolutamente non mediatica: nessun giornalista ha la possibilità di seguire le truppe durante l’intervento armato.
Alberto Fascetto ricorda che una delle più gravi conseguenze del conflitto maliano è il grande numero di persone costrette a lasciare le proprie case e trovare rifugio altrove. Secondo l’OCHA, dall’inizio delle ostilità fino al gennaio 2013 vi sono stati 228 920 profughi di cui 144 400 rifugiati in Mauritania, Niger, Burkina Faso e Algeria e 84 520 IDP che accolti nelle regioni di Mopti, Segou, Bamako e Kayes.
La presentazione di Fascetto ha, altresì, ipotizzato tre scenari futuri sullo sviluppo del conflitto maliano, un conflitto così locale e al contempo così internazionali con implicazioni ben oltre i confini nazionali. La situazione potrebbe deteriorarsi e sfociare in un nuovo Afghanistan, il “Sahelistan”, uno Stato fallito in cui potrebbero proliferare senza controllo gruppi terroristici che destabilizzerebbero l’intera area; il Mali potrebbe diventare il nuovo Pakistan se i ribelli venissero ricacciati verso Nord ma non completamente neutralizzati e quindi potrebbero riorganizzarsi e dare vita a un conflitto a bassa intensità con sporadici episodi di terrorismo e violenza verso i simboli del potere o sequestrando turisti, cooperatori o giornalisti occidentali; l’intervento congiunto dei contingenti maliani, francesi e della CEDEAO potrebbero altresì indebolire e debellare i gruppi terroristici e quindi essere seguito da un periodo di ricostruzione nazionale a cui associare politiche di reale decentramento amministrativo simile a quanto.
Alberto Simoni ha fornito un’analisi storico-politica dell’intervento anticipato delle truppe francesi in Mali. Da un lato esso è stato anticipato per ragioni umanitarie vale a dire l’aggravarsi delle condizioni della popolazione sotto l’occupazione dei ribelli ma dall’altro lato esso ha avuto anche ragioni di convenienza interna. La “luna di miele” post-elezioni tra il Presidente e i francesi ha iniziato ad incrinarsi e il grande vento di novità promesso si è rivelato poco più di uno spiffero. Per tornare alla ribalta negli indici di gradimento e al contempo mantenere la longa mano francese sull’ex colonia, Hollande ha anticipato i tempi di questa guerra tutt’altro che mediatica. Non vi sono immagini di ingressi trionfanti, di feriti o azioni di guerra. Quasi nessun giornalista ha avuto il permesso di seguire le truppe.
Le truppe franco-africane continuano l’avanzata, ma quando arrivano i ribelli se ne sono già andati da un pezzo, alcuni battono in ritirata verso Nord altri forse rimangono come pesci nell’acqua tra la popolazione. È difficile – e costoso – debellare un nemico difficile da scovare e quindi, ipotizza Simoni, l’esercito di liberazione potrebbe trattare con i Tuareg moderati del Nord, concedendo qualche forma di autonomia e lasciando quindi ai nuovi responsabili del territorio il compito “sporco” di combattere i jihadisti. Questi, intanto, potrebbero trovare il loro quartier generale nel deserto e da lì, fuori controllo, orchestrare attacchi terroristici in Africa e nel mondo. Il terrorismo, infatti, ormai è un fenomeno globale.

lunedì 28 gennaio 2013

Viaggio in Mali con Alberto Fascetto


























Un’analisi della situazione che sta vivendo il Mali, attraverso il racconto diretto di Alberto Fascetto, cooperante che ha vissuto un anno nella capitale e un confronto con il giornalista Alberto Simoni (La Stampa), facendo un’analisi geopolitica del Paese e dell’area e valutando gli scenari che potrebbero proporsi nel prossimo futuro.

giovedì 19 aprile 2012

Emergenza in Mali: il punto di vista di un cooperante


Sono ritornato dal Mali da qualche giorno, in quanto la zona di intervento del progetto di Rete e Terranuova, la regione di Mopti, è impraticabile in questo momento: tutte le autorità civili sono fuggite, e poiché gruppi armati non ben identificati approfittano della situazione per compiere sporadici atti di violenza e furti.
In effetti, dopo il colpo di stato del 22 marzo 2012, non solo la Becao (Banca Centale degli Stati dell’Africa dell’Ovest) e la Cedeao (Comunità Economica degli Stati dell’Africa dell’Ovest) hanno paralizzato in un embargo totale l’economia e la politica del Mali, ma vari generali di Amadou Toumani Toure (l’ex presidente maliano) hanno disertato o si sono alleati ai vari gruppi ribelli, lasciando il paese nel caos e l’esercito nel panico, cosa che ha portato l’infiltrazione di gruppi armati nel Nord del paese.
In Mali, la comunità internazionale si posiziona decisamente contro i colpisti, senza fare un analisi geopolitica più complessa e che preveda una riflessione sulla subregione ed in particolare sulle conseguenze della guerra scatenata in Libia, che ha armato gruppi di ribelli e trafficanti del deserto che oggi, senza il riferimento di Gheddafi, sono allo sbando e senza un controllo.
Intanto Blaise Campaoré (presidente del Burkina Faso) e Ouattara (presidente della Costa d’Avorio), interessati a dare un segno forte contro gli oppositori interni che minacciano colpi di stato, gestiscono, con l’aiuto della Francia, il destino di un paese che negli ultimi anni aveva raggiunto un alto grado di democratizzazione formale, senza interessarsi alle cause sociali e economiche che l’embargo e un eventuale guerra al Nord porterebbero alla popolazione che in più soffre di un annata con deficit di pioggia e di un periodo dell’anno, in cui le scorte alimentari iniziano a scarseggiare.
France 24 continua a intervistare il porta voce del governo provvisorio touareg, che ha la sua sede a Parigi, dando voce ai cosi detti “ribelli” del Mnla, che non controllano ne politicamente ne militarmente la zona Nord del Mali (Arzawad), confusa tra un immensità di piccoli gruppi legati ai salafisti, ad Aqmi e al traffico di droga. Il Maliani sono sconcertati e scoraggiati, dall’abbandono in cui i paesi confinanti li hanno lasciati, senza capire perché al posto di appoggiare la guerra contro i ribelli del Nord, si concentrino a contrastare un popolo già allo stremo.
Negli ultimi giorni, l’embargo è stato tolto, grazie alla decisione del capitano Sanogo, responsabile del colpo di stato, di lasciare con una rapidità da record il potere alle autorità civili. Questa decisione non ha risolto i problemi politici del paese, aggravati dagli arresti negli ultimi giorni di personaggi di spicco della politica e della difesa, e da una classe politica incapace di concentrarsi sulle necessità del popolo.
In questa situazione di incertezza, i nostri partners ci riferiscono paura e confusione, increduli che un paese come il Mali possa essere sprofondato in una crisi che non vedrà soluzione nel breve periodo.
Simone Teggi

mercoledì 4 aprile 2012

Colpo di stato e ribellione tuareg in Mali

ribellione tuareg

In seguito allo scoppio della ribellione tuareg nel nord del Mali, nella notte tra il 21 e il 22 marzo una parte dei militari ha occupato la televisione pubblica e alcuni edifici governativi, accerchiando il palazzo presidenziale e il ministero della difesa. Il motivo è il malcontento da parte delle forze militari verso il governo ed il presidente in merito alla “cattiva gestione degli eventi al nord” e quindi la cattiva gestione dell diritto alla democrazia. I militari accusano di avere scarso sostegno per fronteggiare i disordini al nord e quindi il governo di non saper gestire i dialoghi e gli accordi. La giunta afferma di voler restaurare a breve la costituzione, ma intanto gli aiuti internazionali sono stati bloccati e non si sa nulla delle elezioni previste.

I tuareg, forti delle armi riportate in Mali dalla Libia, hanno buon gioco a fronte della divisione dell’esercito, e dopo aver conquistato Timbuctu e Gao stanno allargando il loro controllo sull’Azawad, il vasto territorio desertico da loro rivendicato, e si dirigono verso Mopti. I tuareg fanno riferimento a varie organizzazioni, di cui la principale è la MNLA.

Inoltre è in corso una seria crisi alimentare.

A Bamako si trova un collaboratore nostro e di Terra Nuova, che sta supervisionando il nostro progetto, rientrato nella capitale a febbraio, con cui siamo in contatto perenne.

Le frontiere sono chiuse, la capitale è relativamente tranquilla, ma con frequenti blackout. La situazione è imprevedibile ed in continua evoluzione. Seguiteci per aggiornamenti costanti su https://twitter.com/#!/ReteOng

martedì 29 dicembre 2009

Il Nord Mali e le profezie auto-realizzate


28 dicembre 2009, Jean-Christophe Servant – Le Monde (estratto)

Nel 1995, Howard French, del New York Times diceva da Bamako: «I diplomatici parlano di questo paese isolato come di un bastione contro l’islam militante che si estende a partire dalle frontiere del nord con l’Algeria». Quindici anni dopo, la situazione è sempre più complessa e offuscata, come dimostra la scoperta a Tarkint della carcassa di un Boeing 727, verosimilmente latinoamericano e che avrebbe potuto trasportare cocaina ed armi ; il rapimento di Pierre Camatte a Menaka e poco dopo di tre membri spagnoli di Accio Solidaria. A maggio, dopo la liberazione di due diplomatici canadesi rapiti alla frontiera tra Mali e Niger, un altro ostaggio, il britannico Edwyn Dyer, è stato assassinato.

La complessità dei fattori geopolitici, umani ed economici di quest’area non permetterebbe che delle ipotesi. Ma i media occidentali previlegiano una sola spiegazione: la minaccia globale di Al-Qaida, incarnata in Sahel dall’AQMI (Al-Qaida nel Maghreb Islamico).

L’intensificazione dell’aiuto militari al Mali da parte degli USA di Barack Obama si appoggia su questa lettura: l’ultimo caso che attesta la crescente implicazione militare americana in Sahel. Il sottosegretario americano agli affari africani, M. Johnny Carson, ha dichiarato in proposito : «Il Mali è una delle democrazie più stabili d’Africa, ma i suoi sforzi per scongiurare l’insicurezza nel nord del paese sono gravemente ostacolati dalla povertà delle sue infrastrutture e dalla sua incapacità di fornire i servizi e le opportunità in materia di educazione alle zone più isolate

Niente prova tuttavia, che Al-Qaida nel Sahara sia davvero Al-Qaida. Leggendo le analisi dell’antropologo britannico Jeremy Keenan, ci si potrebbe perfino domandare se le potenze occidentali non abbiano contribuito, con l’appoggio dei servizi segreti algerini e maliani e di certi baroni del Nord Mali, a scrivere una profezia auto-realizzatrice.

Nel 2008 scriveva al riguardo: «Sono rari i luoghi al mondo altrettanto soggetti a disinformazione quanto il Nord Mali e la sua frontiera con l’Algeria. È vero che si tratta del punto focale dell’amministrazione Bush riguardo alla fabbricazione di un secondo fronte sahariano nella cosiddetta guerra al terrorismo.»

Prima sigla a comparire: il GSPC, gruppo salafita per la predicazione ed il combattimento, ribattezzato AQMI nel gennaio 2007. Primo Bin Laden saheliano: Amari Saïfi, El-Para, ex-ufficiale delle forze speciali algerine, ma addestrato dal 1994 al 1997 a Fort Bragg dai berretti verdi americani. El-Para non avrebbe mai smesso di lavorare per gli algerini, con il duplice obiettivo di permettere all’Algeria di stringere i legami con gli Stati Uniti nella guerra al terrorismo e di offrire a Washington l’occasione di rafforzare il controllo militare sul Sahel.

La nebulosa AQMI, alimentata da alcuni franchi tiratori islamici e contrabbandieri di sigarette, si sarebbe trasformata in un ibrido di gruppi attivi dalla Mauritania al Niger, permettendo alle potenze occidentali di dispiegare le proprie forze speciali sul corridoio sahariano, oggetto di avidità internazionali per le sue ricchezze in uranio (Niger), petrolio, gas e oro (Mali).

«La teoria del complotto che vede i servizi segreti algerini (DRS) dietro l’AQMI non è nuova, afferma Alain Rodier, ex-ufficiale direttore di ricerca su terrorismo e criminalità organizzata al CF2R francese. La mia opinione è che sia normale che i servizi algerini tentino di penetrare i movimenti islamici radicali al fine di combatterli. Non è normale invece che gestiscano la situazione pilotando dei gruppi estremisti. Molto spesso i loro agenti sono totalmente incontrollabili. Nel Sahel vagano varie bande. Le principali sono la «9° regione » dell’AQMI, diretto da Yahia Djouadi, e il gruppo di Mokhtar Belmokthar i cui obiettivi sembrano totalmente mirati al lucro. Queste due bande sono obbligate a negoziare con le tribù tuareg che solcano tradizionalmente il Sahel. È in questo quadro che bisogna capire la vendita di ostaggi rapiti nella regione. Persino la direzione di Al-Qaida in Pakistan ha riconosciuto a giugno 2009 che la situazione non è soddisfacente in Sahel. Evidentemente, agli occhi del nocciolo duro di Al-Qaida, l’apertura di un vero fronte saheliano tarda a venire. Come in passato, i traffici continueranno, forse con una crescita dei legami tra i narcos sudamericani e le bande locali.»

Fino a dicembre, nulla provava che l’inquietante intensificazione del narcotraffico in Africa occidentale, lungo la costa che va dalla Guinea Bissau alla Nigeria – si compisse con la complicità di criminali appartenenti all’AQMI. Grazie a due agenti della DEA americana, infiltrati come narcotrafficanti colombiani, tre maliani « autoproclamatisi » di Al-Qaida furono arrestati ed estradati, riconoscendo di fornire regolarmente carburante e cibo ai commandos di Al-Qaida nella regione di Gao.

Jeremy Keenan commenta : «Sospetto che gli Stati Uniti utilizzeranno questo stratagemma per allargare il loro discorso in Sahel e la profondità strategica sul continente. L’Algeria farà finta di considerarlo un problema specifico del Sahel di cui non ha alcuna responsabilità. E nazioni europee come la Francia e la Spagna useranno questo pretesto che protendere un po’ di più le mani, militarmente parlando, sul Sahel, e specialmente sulle zone minerarie del Nord Niger. Assisteremo a un processo di ricolonizzazione. I Tuareg potranno anche ribellarsi di nuovo, ma non subito: le tribù sono stanche e divise. Il Sahara non è mai stato così frequentato.»

venerdì 17 aprile 2009

cerchiamo un cooperante per il Mali

Progetto: Miglioramento delle filiere orticole e organizzazione dei produttori dei Paesi Dogon. (RE.TE/Terra Nuova, finanziamento Ministero Affari Esteri)
Località: Bandiagara (paese Dogon), regione di Mopti

Competenze richieste: esperienza di gestione di progetti, competenza in campo agricolo, lingua francese, preferibile precedente esperienza in Sahel

Tipo di inquadramento: cooperante capoprogetto MAE e rappresentante paese per RE.TE
Partenza prevista: 20 maggio.

per info e cv: Sabrina Marchi, 011-7707388, sabrina.marchi@reteong.org

domenica 19 ottobre 2008

TERRA MADRE

Nell’ambito della manifestazione TerraMadre, è previsto un intervento di Mamadou GUINDO, dell’Ong maliana PDCo (nostro partner) per il giorno 25 ottobre alle 15.00 (Sala Città Slow) sul tema "Slow Food e il Piemonte per l’Africa: la biodiversità come motore per lo sviluppo"
Modera: Piero Sardo, presidente Fondazione Slow Food per la Biodiversità Onlus
Intervengono:
Carlo Petrini, presidente Slow Food
Mercedes Bresso, presidente Regione Piemonte
Giuseppe Morabito, direttore Generale Dags, Direzione generale per i Paesi dell’Africa Sub-Sahariana, Ministero Italiano degli Affari Esteri (MAE)
Marième Mint Dahoud, responsabile Presidio Slow Food della bottarga di muggine delle donne Imraguen, Mauritania
Mamadou Guindo, responsabile Presidio Slow Food somè Dogon, Mali
Orlando Freitas, responsabile Presidio Slow Food del caprino stagionato del Planalto di Bolona, Capo Verde
Haleka Alem Abreha, responsabile Presidio Slow Food del miele bianco di Wukro, Etiopia
Seck Madieng, giornalista e Convivium leader di Slow Food Lek Mégnef, Sénégal

ingresso libero.

venerdì 9 maggio 2008

URGENTE: RICERCA PERSONALE

Un cooperante per progetto a Bandiagara

La persona dovrà rivestire un incarico di gestione di diversi progetti legati al settore agricolo. La missione avrà durata minima di 7 mesi.

È necessario inoltre che il candidato dimostri la sua disponibilità ad occuparsi della gestione dei progetti a lungo termine, quale coordinatore paese.

REQUISITI
Comprovata esperienza di lavoro con Ong, anche sulla contabilità progetti
Preferibile esperienza e studi nel settore di lavoro del progetto (agricoltura)
Ottima conoscenza dei principali programmi informatici
Disponibilità a operare nelle settimane precedenti la partenza presso la sede di Grugliasco (TO)
Conoscenza ottima del francese
Disponibilità a missione di lungo periodo

Disponibilità di partenza immediata (entro i primi di giugno).

Per candidarsi: inviare un cv aggiornato specificando nell'oggetto la posizione per cui ci si candida a: rete@arpnet.it

La raccolta dei cv terminerà il 20 maggio 2008.
Vorremmo poter rispondere a tutti coloro che si candideranno, ma non avremo la possibilità di farlo individualmente, per cui soltanto i candidati selezionati per il colloquio verranno avvisati, entro il 22 maggio.

sabato 1 marzo 2008

Delegazione di San Benigno in Mali


Nel mese di gennaio 2008, una grande delegazione di San Benigno, accompagnata dalla volontaria di RE.TE. Luisella e dalla cooperante Katia, hanno visitato il Mali e partecipato all'inaugurazione della scuola primaria di Konsogue Do, fortemente voluta dall'amministrazione; l'iniziativa è stata sostenuta dai cittadini di San Benigno, che hanno partecipato in diversi momenti alla raccolta fondi. oltre alla festa, l'occasione di conoscere un meraviglioso paese! Grazie a Maura, Alberto, Calogero, Marco, Mariella, Luisa (by Katia)

lunedì 24 settembre 2007

Alluvione a Bandiagara



Purtroppo le pioggie non sembrano mai amiche del Mali; gli anni scorsi, i coltivatori hanno sofferto la siccità. Quest'anno, le piogge violente hanno invece fatto molti danni nel Paese Dogon, tra cui la distruzione del ponte per Sevaré e Mopti, le città di riferimento, dei ponti tra i villaggi e molte piccole dighe utilizzate per le coltivazioni.
A causa della situazione sul posto, abbiamo rimandato il viaggio di turismo responsabile previsto per la fine di ottobre, e cercheremo nel frattempo di contribuire alla ricostruzione.

venerdì 6 luglio 2007

Alluvione in Mali

Il nostro responsabile locale in Mali, Mamadou Guindo, ci ha comunicato dei gravi danni causati dalle forti piogge a Bandiagara: circa 150 case sono state spazzate via dalla pioggia e le famiglie sono restate senza casa, le vie di comunicazione sono interrotte, i ponti sono crollati. La città permane senza corrente e acqua potabile (by Katia)

lunedì 30 aprile 2007

prossimi appuntamenti



Martedì 8 maggio
Katia Medeot a Rete (via di Vittorio 11 a Grugliasco, TO) parlerà di Mali, Burkina Faso e Marocco e dei nostri progetti in corso in quei paesi in seguito alla sua lunga missione sul posto. sarà presente anche un rappresentante dell'associazione italo-maliana. alle 17.30, segue aperitivo.

Domenica 13 maggio
Saremo presenti all’iniziativa CASCINE APERTE di Grugliasco, per tutto il giorno, alla Cascina CASCINOTTO in Strada Antica di Grugliasco 90.

Venerdì 25 maggio
Abbiamo organizzato, nell’ambito di “Maggio, mese della cooperazione”, un convegno sulla FORMAZIONE PROFESSIONALE: Ore 14.30, Provincia di Torino.
Parleranno:
Aurora Tesio Assessore Pari opportunità e Relazioni Internazionali
Nino Casciaro RE.TE. ONG
Franco Ruo Roch RE.TE. ONG
Nicola Covella RE.TE. ONG
Ugo Tinuzzo Dirigente Scolastico I.I.S. G. Ferraris, Settimo T.se.
Corrado Borsetti Comune di Torino
Franco Zabaldano CISL
Mara Cecchetti CGIL
Sergio Salvatore Ordinario di Psicologia Dinamica, Università di Lecce.


LINK: http://www.ongpiemonte.it/maggio.htm