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Prima del colpo di
stato in Mali e la caduta di Presidente democraticamente eletto, Amadou Toumani
Toure, nel marzo 2012, il Mali è stato
considerato un esempio di democrazia e stabilità in Africa. L’ex leader aveva
vinto due volte di seguito le elezioni presidenziali, avvallate dalla comunità
internazionale, e aveva in progetto il miglioramento economico e sociale del
paese. Nonostante sia uno dei paesi più poveri di mondo, il Mali ha vissuto un
notevole sviluppo durante la presidenza di ATT, come era popolarmente conosciuto.
Ma gli oppositori politici lo accusavano
di corruzione e inettitudine a risolvere soprattutto i problemi del nord
del paese.
Gli
esperti economici avevano apprezzato le misure di sviluppo in corso, affermando
che il Mali era sulla buona strada verso la prosperità economica. Con la crisi
economica mondiale, la crescita del prodotto interno lordo ha visto un calo dal
5,8% nel 2010 al 2,7% nel 2011, secondo la Banca Mondiale. Con i tantissimi
progetti in corso e con i finanziamenti e gli aiuti di alcune grandi
istituzioni mondiali, la popolazione avrebbero potuto avere l’aspettativa di
giorni migliori. Questo sogno di sviluppo e di pace si è volatilizzato a causa
della guerra e la divisione in atto tra il nord e il sud. Il sud è sotto il
controllo della giunta militare in seguito al colpo di stato di marzo, mentre
nel nord alcune frazioni estremiste islamiche stanno dettando legge nelle aree
desertiche abitate in maggioranza dai Tuareg, che dopo cicliche ribellioni sono
riusciti a rivendicare l’autonomia della regione.
I gruppi
ribelli non si sono accordati su come gestire il territorio e la paura è molto
diffusa. Una delle controversie riguarda l’applicazione della “sharia”, la legge
islamica. Gli estremisti di gruppi terroristi Ansar Dine e Al Quaida del Magreb
Islamico (Aqmi) sono per un’applicazione letterale ed estrema, contro
la volontà dei ribelli Tuareg del Movimento Nazionale di Liberazione dell’Azawad
(MNLA) che avrebbero voluto promuovere un Islam moderato. Inoltre, questi
ultimi, occupando l’Azawad subito dopo il colpo di stato a Bamako, avevano come
obiettivo principale la creazione di una nazione Tuareg. Molti Tuareg avevano
collaborato come mercenari con l’ex dittatore libico Muammar Khadafi, e dopo la
caduta del suo regime sono tornati armati per chiedere la secessione e la
formazione d’uno stato Tuareg nel nord. Con l’aiuto logistico dei due gruppi
terroristi (Ansar Dine e Al Quaida del Maghreb Islamico), installati in Sahel
da anni, i nomadi Tuareg sono riusciti ad occupare il nord dopo feroci battaglie
con l'esercito maliano, ma ora l’MNLA ha difficoltà ad imporre
i suoi piani. I suoi alleati sono diventati il suo ostacolo maggiore e
impediscono l’istituzione di uno stato laico. I rapporti conflittuali tra
questi gruppi hanno gravi conseguenze: uccisioni arbitrarie, distruzioni, paura, emigrazione forzata, a cui si
aggiungono la fame e la miseria causate dalla prolungata siccità.
La
popolazione maliana sta vivendo una triste e dolorosa pagina della sua storia.
Una situazione desolata che sicuramente sta
facendo regredire drasticamente l’economia di questo paese già molto povero. La
comunità internazionale ha descritto la situazione in Mali come tragica e ha
chiesto alle differente fazioni in conflitto di dialogare ed accordarsi, ma malgrado
la condanna delle Nazioni Unite, l’Unione Africana e l'ente regionale dell'Africa occidentale,
CEDEAO, il Mali rimane diviso e instabile.
La
Banca Mondiale, l’African Devolopment Bank, governi ed Ong, prima della crisi,
supportavano progetti agricoli, nei trasporti, per la salute e l’istruzione. La
maggiore parte delle iniziative, soprattutto nel Centro-nord del paese, sono
sospese o rallentati per motivi di sicurezza. Un esempio è il progetto di RE.TE
a favore delle filiere orticole nei Paesi Dogon. Con la forte presenza dei
ribelli in questa zona, la vita dei cittadini è diventa precaria.
Mentre i cittadini di
nord di Mali stanno subendo queste forme di violenza e barbarie, la comunità
internazionale moltiplica le riunioni sulla crisi politica maliana e prende
decisioni che non applica nessuna parte in conflitto. La CEDEAO aveva deciso
d’inviare una forza militare d’intervento di circa 3.000 persone, ma il governo militare ad
interim ha rifiutato il piano perché l’intervento non sarebbe stato limitato al
nord del paese. Anche se sembra che ci sia una relativa pace nel sud, non c’è
la sicurezza rivendicata dalla giunta militare che ha organizzato il colpo di
stato di marzo. L’ex presidente dell'assemblea nazionale che ha assunto il
ruolo di presidente ad interim, Dioncounda Traore, è stato aggredito e
ferito dentro il suo ufficio da parte dei
sostenitori del colpo di stato, che lo consideravano come un alleato dell’ex
Presidente Amadou Toumani Toure.
Con il passare dei
giorni la situazione politica, economica e sociale diventa sempre più complessa
e problematica. Sul piano politico, il governo centrale è inattivo perché non
c’è coesione e fiducia interna. Questa mancanza grave impedisce lo sviluppo
economico e sociale e quindi favorisce la miseria, la fame ed il disordine
sociale. Il Programma Alimentare Mondiale ha espresso preoccupazione riguardo allo spostamento in
massa di maliani verso i paesi confinanti. Le statistiche delle
organizzazioni internazionali come la Commissione delle Nazioni Unite per i
Rifugiati e Amnesty International indicano
che circa 100 persone sono morte e tante altre hanno lasciato le proprie case e
trovato rifugio nei paesi vicini. L’ufficio delle Nazioni Uniti per il
Coordinamento degli Affari Umanitari indica che circa 436.000 persone sono
scappate dalla guerra in Mali e sono minacciate dalla fame già segnalata nel
Sahel. Inoltre, il colera si diffonde nel nord; ad oggi ci sono circa 12 morti
e 147 ammalati.
Un'altra grave preoccupazione
è data dall’occupazione progressiva del Sahel da parte dei gruppi islamici
radicali. Qualche giorno fa, una coppia accusata di avere
avuto relazioni extraconiugali è stata lapidata pubblicamente nel villaggio di Aguelhok, nel nord, malgrado la
protesta della popolazione. Ad un uomo accusato del furto di una bicicletta è
stata tagliata una mano in un paesino vicino la città di Gao
da parte dei ribelli di Movimento
Islamico per l’unicità e la jihad nell’Africa Occidentale. I danni materiali sono grandi: soprattutto la distruzione
degli antichi santuari
e
moschee nella città storica di Timbuctu da parte del gruppo islamico Ansar Dine, che considera questi patrimoni mondiali
dell’Unesco come un sacrilegio contro la Sharia, che vieta la venerazione dei santi. Il gruppo islamico del
nord della Nigeria BOKO HARAM, responsabile del conflitto interreligioso nell’area
di origine, si è installato anche nel nord del Mali. C’è una paura profonda di
contaminazione con i paesi vicini, come il Camerun, che ha una grande popolazione
musulmana.
Alcuni osservatori
politici credono fermamente che la crisi
maliana sia la conseguenza diretta della caduta del regime dell’ex presidente
libico. Il popolo Tuareg in Mali ha sempre avuto la simpatia ed il sostegno
finanziario di Muhammar Khadafi; fino all’inizio di quest’anno la questione
dell’indipendenza non era una priorità. Ucciso Khadafi, i ribelli Tuareg armati
sono tornati nel nord del Mali per ricominciare la lotta di liberazione,
lasciata anni fa. Approfittando della sconfitta di regime di Khadafi, i gruppi radicali
islamici nel Sahel come Al Quaida del Magreb Islamico (Aqmi) hanno conquistato terreno
ed ora stanno imponendo le loro legge e procedendo gradualmente ad altri paesi.
Mentre i maliani del nord stanno soffrendo nelle mani degli islamisti radicali,
il loro governo a Bamako e la comunità internazionale riflettono sulle
soluzioni possibili alla crisi maliana; la domande è: chi sarà la prossima
vittima di questa aggressione?
Mariale-Colette MEFFIRE
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