giovedì 9 gennaio 2014
lunedì 6 maggio 2013
lunedì 15 aprile 2013
lunedì 18 marzo 2013
Mercoledì 20 marzo,
ore 17.30
Ecomuseo Urbano
della Circoscrizione 6, Torino
via San Gaetano da Thiene, 6
via San Gaetano da Thiene, 6
COSTRUIRE L’INTEGRAZIONE DAL BASSO
17.30-17.45: Irene Ponzo (FIERI)
Costruire l’integrazione dal
basso: cosa ci ha insegnato la ricerca Concordia Discors?
17.45-18.15:
Proiezione del documentario
“Frontiera interna” di Rossella Schillaci,
realizzato nell’ambito del progetto Concordia Discors,
18.15-18.40:
Presentazione del sito web
europeo e dei principali risultati della ricerca
18.40-19.30:
Discussione sui temi della
ricerca e del documentario; interverranno tra gli altri:
- Nadia Conticelli, Presidente 6° Circoscrizione (da confermare)
- Cecilia Guiglia, Luoghi Possibili
- Malick Niang, sarto, Bagni Pubblici di Via Agliè
Saranno invitati tutti gli
intervistati e i rappresentanti delle associazioni di commercianti, culturali e
giovanili coinvolte nella ricerca. All’ingresso della sala sarà presente un
banchetto gestito da una libreria con copie di Concordia Discors (Carocci
editore 2012) e altri libri sugli stessi argomenti, sull’integrazione a Torino
e a Barriera in particolare.
venerdì 15 marzo 2013
Gestión de residuos sólidos
La gestión de 30 mil kilogramos de residuos sólidos en los Distritos Seis y Siete de Managua es una de las acciones del proyecto medioambiental que implementarán Compañía Cervecera de Nicaragua y la Asociación de Técnicos para la Solidaridad y la Cooperación Internacional (RE.TE.) en este año. El proyecto, con una inversión superior a los 50 mil dólares, forma parte de un esfuerzo que en conjunto con otras organizaciones CCN está realizando en pro del medioambiente, la educación, la salud y el turismo.
fonte: http://www.laprensa.com.ni/2013/03/14/empresariales/138047-gestion-residuos-solidos
lunedì 18 febbraio 2013
Mali. Cronistoria di un anno a Bamako.
Venerdì primo febbraio, all’Ecomuseo di Regio Parco RE.TE., si è svolto un incontro per raccontare e spiegare gli eventi dell’ultimo anno in Mali. La serata, moderata dalla Presidente di RE.TE, Cinzia Messineo, ha visto l’intervento di Alberto Fascetto, cooperante in Mali da gennaio 2012 a gennaio 2013, che ha illustrato la storia maliana dell’ultimo anno, tra ribelli e colpi di stato, e Alberto Simoni, giornalista de La Stampa, che ha fatto un’analisi politica dei vari equilibri internazionali in gioco.
Di seguito si riporta un
riassunto dell’intervento di Alberto Fascetto.
La sconfinata area del Sahel
maliano è il teatro degli scontri che sono iniziati l’anno scorso. Il MNLA
(Movimento Nazionale per la liberazione dell’Azawad - il territorio a Nord del
Paese che comprende le regioni di Gao, Timbuctu e Kidal, formato inizialmente
da Tuareg e successivamente anche da gruppi fondamentalisti islamici) chiede
l’indipendenza del nord del Mali, innescando i primi conflitti interni. Le
ripercussioni politiche dell’instabilità di quest’area sono immediate: poche settimane dopo (marzo 2012) Amadou Haya
Sanogo, comandante dell’esercito maliano, con un colpo di stato destituisce il
Presidente Amadou Toumani Touré e sospende la costituzione, causando il caos
tra la popolazione. Nel mese successivo (aprile 2012) la CEDEAO (Comunità
economica degli Stati dell'Africa occidentale) impone un embargo economico,
finanziario e diplomatico che provocherà effetti catastrofici sull’economia interna:
nel giro di pochi giorni scarseggiano beni di prima necessità, carburante e
medicinali. Pochi mesi dopo la CEDEAO sospende l’embargo che sta stremando la
popolazione maliana.
Ad aprile il MNLA dichiara
l’indipendenza dell’AZAWAD, ma ben presto si scinde in due fazioni antagoniste:
da un lato i Tuareg, la componente più moderata che chiede l’indipendenza del
Nord del Mali , e dall’altro lato i musulmani fondamentalisti Ansar Dine (Difensori
della Fede), che si battono per l’applicazione della fede islamica e
l’introduzione della sharia. Questi ultimi marciano verso Timbuctu, occupando
la città. A giugno le forze ribelli di Ansar Dine si alleano con AQMI (Al-Qaeda
nel Maghreb Islamico) e MUJAO (Movimento per l’unicità e il Jihad in Africa
Occidentale) e si verificano i primi scontri con il MNLA per il controllo
dell’Azawad.Sotto il controllo del capitano
Sanogo, nel mese di aprile, vengono nominati il Presidente ad interim
Dioucounda Traoré e il Primo Ministro ad interim Cheick Modibo Diarra. Si instaura
così il “tricefalismo” della formazione Sanogo-Diarra-Traoré. I mesi che seguono sono dominati
dall’instabilità di governo e dal malcontento della popolazione che sfocia in
manifestazioni nella capitale che hanno come obiettivo quello di chiedere che
il Mali torni ad essere un Paese “unico e unito”. Tuttavia, non viene garantita
la stabilità del Paese: a maggio il Mali vive un tentativo fallimentare di contro-colpo
di stato: i “berretti rossi”, l’aviazione maliana, tentano senza successo di
rovesciare la struttura governativa orchestrata dai “berretti verdi”, l’esercito
di terra del capitano Sanogo.
La situazione umanitaria nel
frattempo precipita: il Mali deve affrontare la quinta crisi alimentare in
dieci anni. Secondo le stime dell’OCHA, 13 milioni di persone in tutto il Sahel
vengono dichiarate in stato di emergenza, di cui 6 milioni in Mali, dove la
situazione nell’area settentrionale viene particolarmente acuita
dall’impossibilità di ricezione di aiuti internazionali.
In autunno la comunità internazionale
inizia ad occuparsi della questione del Mali. Ad ottobre, in occasione
dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, la delicata questione maliana
arriva al Palazzo di Vetro. Il governo maliano si dichiara favorevole ad un
eventuale intervento militare sul suo territorio – ipotesi avvallata e prevista
anche dalla Risoluzione 2071 (2012) –e la Francia appoggia fin da subito questa
ipotesi. Ban Ki-moon inoltre nomina Romano Prodi, unico candidato bianco tra i
tre in lizza, “Inviato speciale per il Sahel”. Sul continente africano intanto
la CEDEAO mette a punto un possibile “piano strategico” per riunificare il
Paese mentre l’Unione europea si dice pronta a sostenere l’esercito maliano
nella riconquista del Nord. Anche la diplomazia internazionale inizia il suo
operato: l’inviato speciale per il Sahel,
Romano Prodi, e il rappresentante per la politica estera e la sicurezza
UE, Catherine Ashton, si recano in visita ad Algeri. L’Algeria, stato
confinante del Mali, infatti, ha un enorme peso strategico in una eventuale
lotta ai ribelli: è il Paese in cui si sono formati AQMI e Ansar Dine; ha un
esercito molto forte e, infine, il Sahel, dove si incastrano i confini netti
tracciati a tavolino, è un vasto territorio tutt’altro che definito e
difficilmente controllabile che si estende su una porzione gigantesca nel Nord
Africa includendo anche buona parte dell’Algeria. Nel frattempo la fazione
moderata dell’MNLA abbandona le rivendicazioni indipendentiste richiedendo tuttavia
il diritto all’autodeterminazione del territorio settentrionale.
Nel dicembre 2012 si apre a
Ouagadougou la prima finestra di dialogo tra il MNLA e Ansar Dine, Blaise
Compaoré, il Presidente del Burkina Faso, e il Governo del Mali. I gruppi secessionisti,
tuttavia, non ritrattano le loro rivendicazioni. Intanto il fragile tricefalismo che governa il
Mali si sgretola: il capo del governo, Diarra, viene arrestato dal capitano
Sanogo e forzato a dare le dimissioni con un comunicato video trasmesso la
notte stessa dall’emittente televisiva maliana ORTM. Viene nominato un nuovo
premier: Django Cissoko. Il governo, alle cui redini rimane Sanogo, si apre
alle forze del Nord. Traoré nel frattempo chiede l’aiuto della Comunità
Internazionale – l’appello è rivolto in particolare alla ex forza coloniale, la
Francia. La Risoluzione 2085 (2012) quindi autorizza il dispiegamento di una“African-led
International Support Mission in Mali” (AFISMA).
L’anno nuovo si apre con
manifestazioni popolari nella capitale a favore di un rapido intervento nel
Nord del Paese. Viene dichiarato lo stato di emergenza e tra l’otto e il nove
gennaio, in anticipo sui tempi inizialmente concordati (settembre 2013) e iniziano
gli scontri tra l’esercito maliano e i gruppi jihadisti Ansar Dine, Mujao, Aqmi
e Boko Haram (guppo islamista nigeriano) a Konna, nella regione di Mopti. Il Consiglio
di Sicurezza delle Nazioni Unite chiede alla comunità internazionale “un
intervento rapido per arrestare il grave deterioramento della situazione sul
terreno”. In seguito alla dichiarazione di Hollande, l’11 gennaio arrivano a
Sevaré/Mopti due cargo militari mentre i militari francesi arrivano a Bamako.
Iniziano così i primi raid aerei francese i quali, tuttavia, si rivelano assai
inefficaci e strategicamente errati. A Diabaly, una piccola cittadina vicina al
confine mauritano e in territorio controllato dal Governo maliano, ha luogo un
attacco inaspettato delle forze jihadiste. Questo forte segnale del potere di
infiltrazione dei jihadisti anche in zone considerate “al sud” della linea di
separazione con l’AZAWAD fa cambiare strategia operativa al contingente
francese che inizia l’attacco via terra.
L’Unione Europea, il Regno Unito,
gli Stati Uniti, il Belgio, la Germania, il Canada, l’Italia e la Russia
annunciano la loro disponibilità ad assistere le operazioni militari, alcuni
direttamente, altri fornendo aiuto logistico o medico. Sul continente africano,
invece, Niger, Nigeria, Burkina Faso, Senegal, Togo, Benin e Ciad si accordano
sull’invio di soldati. La Mauritania e l’Algeria, due importanti stati
limitrofi a maggioranza islamica invece non hanno preso posizione. Il Consiglio
di Sicurezza vota a favore dell’intervento in Mali della Francia e grazie a
questa risoluzione potranno intervenire circa 2 500 soldati francesi
nell’ambito di una missione che resta sotto responsabilità africana. Il
contingente dei Paesi CEDEAO, tuttavia, ha fortemente risentito della
tempestività dell’intervento che non ha permesso di organizzare in maniera
ottimale gli effettivi. L’operazione “Serval” ora è guidata dalla Francia che
fornisce supporto aereo e terrestre. La guerra è una guerra assolutamente non
mediatica: nessun giornalista ha la possibilità di seguire le truppe durante
l’intervento armato.
Alberto Fascetto ricorda che una
delle più gravi conseguenze del conflitto maliano è il grande numero di persone
costrette a lasciare le proprie case e trovare rifugio altrove. Secondo l’OCHA,
dall’inizio delle ostilità fino al gennaio 2013 vi sono stati 228 920 profughi
di cui 144 400 rifugiati in Mauritania, Niger, Burkina Faso e Algeria e 84 520
IDP che accolti nelle regioni di Mopti, Segou, Bamako e Kayes.
La presentazione di Fascetto ha,
altresì, ipotizzato tre scenari futuri sullo sviluppo del conflitto maliano, un
conflitto così locale e al contempo così internazionali con implicazioni ben
oltre i confini nazionali. La situazione potrebbe deteriorarsi e sfociare in un
nuovo Afghanistan, il “Sahelistan”, uno Stato fallito in cui potrebbero
proliferare senza controllo gruppi terroristici che destabilizzerebbero l’intera
area; il Mali potrebbe diventare il nuovo Pakistan se i ribelli venissero
ricacciati verso Nord ma non completamente neutralizzati e quindi potrebbero riorganizzarsi
e dare vita a un conflitto a bassa intensità con sporadici episodi di
terrorismo e violenza verso i simboli del potere o sequestrando turisti,
cooperatori o giornalisti occidentali; l’intervento congiunto dei contingenti
maliani, francesi e della CEDEAO potrebbero altresì indebolire e debellare i
gruppi terroristici e quindi essere seguito da un periodo di ricostruzione
nazionale a cui associare politiche di reale decentramento amministrativo
simile a quanto.
Alberto Simoni ha fornito
un’analisi storico-politica dell’intervento anticipato delle truppe francesi in
Mali. Da un lato esso è stato anticipato per ragioni umanitarie vale a dire l’aggravarsi
delle condizioni della popolazione sotto l’occupazione dei ribelli ma
dall’altro lato esso ha avuto anche ragioni di convenienza interna. La “luna di
miele” post-elezioni tra il Presidente e i francesi ha iniziato ad incrinarsi e
il grande vento di novità promesso si è rivelato poco più di uno spiffero. Per
tornare alla ribalta negli indici di gradimento e al contempo mantenere la longa mano francese sull’ex colonia,
Hollande ha anticipato i tempi di questa guerra tutt’altro che mediatica. Non
vi sono immagini di ingressi trionfanti, di feriti o azioni di guerra. Quasi
nessun giornalista ha avuto il permesso di seguire le truppe.
Le truppe franco-africane
continuano l’avanzata, ma quando arrivano i ribelli se ne sono già andati da un
pezzo, alcuni battono in ritirata verso Nord altri forse rimangono come pesci
nell’acqua tra la popolazione. È difficile – e costoso – debellare un nemico
difficile da scovare e quindi, ipotizza Simoni, l’esercito di liberazione
potrebbe trattare con i Tuareg moderati del Nord, concedendo qualche forma di
autonomia e lasciando quindi ai nuovi responsabili del territorio il compito
“sporco” di combattere i jihadisti. Questi, intanto, potrebbero trovare il loro
quartier generale nel deserto e da lì, fuori controllo, orchestrare attacchi
terroristici in Africa e nel mondo. Il terrorismo, infatti, ormai è un fenomeno
globale.
venerdì 15 febbraio 2013
lunedì 28 gennaio 2013
Viaggio in Mali con Alberto Fascetto
Un’analisi della situazione che sta vivendo il Mali, attraverso il racconto diretto di Alberto Fascetto, cooperante che ha vissuto un anno nella capitale e un confronto con il giornalista Alberto Simoni (La Stampa), facendo un’analisi geopolitica del Paese e dell’area e valutando gli scenari che potrebbero proporsi nel prossimo futuro.
giovedì 17 gennaio 2013
Le prime
truppe nigeriane
si uniscono all’operazione
militare
contro il ribelli in Mali.
Quasi 200 militari
nigeriani dovrebbero arrivare nel Mali per aiutare a combattere i
ribelli islamici nel nord del paese.
E’ il primo
contingente di un paese dell’Africa Occidentale ad unirsi all’operazione contro
i ribelli, lanciata venerdì dalla Francia.
In totale, 3,300 militari della comunità economica dell’Africa Occidentale
(CEDEAO) saranno inviati a partecipare nel conflitto che è stato autorizzato
dalla risoluzione del consiglio della sicurezza dell’ONU. Il Ciad ha confermato
che manderà 2000 militari . Anche Benin,
Ghana, Niger, Senegal, Burkina Faso e Togo si sono inoltre impegnati a partecipare.
Intanto, le forze Francesi e Maliane hanno incominciato
la loro prima grande operazione terrestre
contro gli islamisti.
Da informazioni,si deduce che mercoledì sono scoppiate battaglie tra i soldati ed I ribelli nella citta di
Diabaly, situata a 350 km a nord della capitale Bamako
Lunedì, gli islamisti
sono entrati nella città di Diabaly, prendendola dalle mani delle forze
maliane. Aerei da combattimento francesi hanno immediatamente aggredito le postazioni
dei ribelli.
La Francia è intervenuta , venerdi scorso, per tentare di frenare l’avanzata dei ribelli verso la
capitale.
Ci sono circa 800 militari francesi sul suolo Maliano.
L’Articolo è
dalla BBC
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